mercoledì 2 settembre 2009

Psicologia delle ronde voglia di dominio e violenza

CHE cosa passa nella mente di chi si arruola nelle ronde per la "sicurezza nazionale"? E quali dinamiche innescano questi gruppi nei rapporti sociali? A questi interrogativi cerca di rispondere uno studio del criminologo Adolfo Ceretti, i cui risultati sono esposti nell'ultimo numero del periodico Mente. L'indagine dello studioso, docente all'Università di Milano-Bicocca, arriva nel momento in cui infuria la polemica sulla legittimità delle ronde. E la diagnosi è tutt'altro che rassicurante: "Le persone che vi si inscrivono abitano cosmologie personali improntate al dominio e orientate alla violenza". Alla sua conclusione lo scienziato arriva attraverso l'analisi di slogan, simboli e linguaggio del corpo adottato dai gruppi di recente formazione, dalla Guardia nazionale italiana - le cosiddette "ronde nere" - alla Guardia padana. Cambiano i nomi ma il messaggio è sempre lo stesso: "Esprimono un desiderio di dominio". Molti degli aderenti hanno un passato nelle forze dell'ordine e nell'esercito. Indossano divise paramilitari e sono pronti a "ripulire l'Italia dal marcio che vi si annida", recita il sito della Guardia nazionale italiana, pioniera nel settore. Tutti segni inequivocabili - secondo gli esperti - di una "identità chiusa e paranoica" che si realizza attorno alla pretesa di dominio e alla propensione alla violenza. Nel caso delle "ronde nere" si ha a che fare con persone che inducono il bisogno di paura per prendersi il potere di proteggere. Le ripercussioni sulle dinamiche sociali potrebbero essere devastanti: "La promessa di sicurezza è destinata a mostrarsi fallace sin da subito perché, se da una parte annuncia alla comunità di preservarla dai rischi, dall'altra la rende costitutivamente più debole, edificando individui sempre più isolati perché diffidenti di ogni contatto e impauriti di ogni situazione".
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