http://www.apcom.net/newspolitica/20080825_173400_2e777bf_45372.shtml
Travaglio: «Non ho capito il motivo del cambio di direttore dell'Unità»
Spera di continuare ancora la collaborazione, ma ci sono voci di un progetto di un settimanale
«Scusate, ma non ho capito». Il titolo già dice molto, se non tutto. Marco Travaglio, sull'Unità di lunedì, ha scritto un lungo articolo in cui spiega di non riuscire a trovare una ragione del cambio di direzione del quotidiano, da Antonio Padellaro a Concita De Gregorio, «ottima giornalista e persona squisita». Travaglio afferma di non capire il motivo del cambio di panchina, visto che il giornale, «morto nel 2000, è risorto grazie al duo Colombo-Padellaro» nonostante «il partito che l'aveva ucciso». Secondo Travaglio le «chiacchiere» sulla scarsa «multimedialità» di Padellaro sono solo una scusa.
NORMALIZZAZIONE - Travaglio fa risalire la decisione del cambio di direttore a un lavoro «negli ultimi tre mesi sottotraccia e negli ultimi tre giorni alla luce del sole» direttamente ai vertici del Partito democratico e in particolare al suo segretario Walter Veltroni. Per il giornalista tutto parte dall'intervista rilasciata da Veltroni al Corriere della Sera dopo l'acquisizione dell'Unità da parte di Renato Soru. Veltroni, dice Travaglio, già allora «auspicava un "direttore donna". Perché, si chiede Travaglio, il segretario di un partito avanza la proposta di un cambio di direzione di un giornale che «non appartiene né a lui né al suo partito»? Secono il giornalista è il completamento di un «disegno avviato nel 2005, quando Furio Colombo fu defenestrato dopo mesi di mobbing praticato da ben noti ambienti Ds, insofferenti per la linea troppo autonoma, troppo aperta, diciamo pure troppo libera del giornale».
I VERI NOMI DELLE COSE - E per quale motivo ai Ds, e ora al Pd, non andava bene questa linea? Perché, secondo Travaglio, l'Unità è l'unica «a dire le cose che non si possono dire e a vedere le cose che si preferisce non vedere». In particolare a chiamare «le cose con il loro nome e non con gli pseudonimi berlusconiani e "riformisti». Tra questi «chiamare guerra la guerra e non missione di pace; separatismo il separatismo e non federalismo fiscale; razzismo il razzismo e non sicurezza; inciucio l'inciucio e non riformismo», e così via. Travaglio dice quindi che l'Unità è l'unica a fare una vera opposizione «al Caimano», tanto che lo stesso Berlusconi «riconosce subito i veri oppositori» e lo dimostrò «nei giorni delle ultime elezioni» quando «tornò a sventolare minacciosamente l'Unità additandola a nemico pubblico numero uno... anziché Il riformista o Europa». Poi l'accusa politica più dura nei confronti del Pd e di Veltroni: «Mentre la gran parte dell'opposizione dialogava o andava a rimorchio, l'Unità ha continuato pervicacemente a proporre un'altra agenda, un altro pensiero, un altro vocabolario».
COLLABORAZIONE - Continuerà Travaglio a collaborare con l'Unità? Il giornalista non si chiude tutte le porte alle spalle: «È stata una splendida avventura. Speriamo che continui ancora a lungo», termina l'articolo, anche perché prima aveva scritto che la neodirettrice De Gregorio gli aveva «garantito massima continuità e libertà». In ogni caso, le lettere dei lettori pubblicate dall'Unità sono in gran parte schierate con l'ex direttore Padellaro, e non sanno spiegarsi le ragioni del cambio. La stessa tesi di Travaglio. Del futuro di Travaglio ne parla Repubblica: il direttore di Chiarelettere, Lorenzo Fazio, starebbe lavorando al progetto di un «settimanale di denuncia» che dovrebbe «riunire Di Pietro e i transfughi dell'Unità, gli ex direttori Colombo e Padellaro». Fazio afferma a Repubblica che «con Travaglio ne abbiamo parlato tante volte e ci siamo detti che sarebbe bello avere anche uno strumento giornalistico per ospitare reportage critici contro il potere».
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