lunedì 7 settembre 2009

Due o tre cose su premier e stampa

Se c’era bisogno di una prova dell’incapacità del presidente del Consiglio di gestire i conflitti, anche di natura personale, in cui si trova coinvolto egli l’ha data con la querela ai giornali nei giorni scorsi. Gestire i conflitti, intendo, nell’unico modo in cui un uomo politico può e deve farlo: vale a dire politicamente. L'espressione «gestire politicamente» può significare tante cose: dal cercare di venire in qualche modo a patti con l’avversario, al pagare il prezzo che c’è da pagare, al rilanciare su altri piani con una forte iniziativa che imponga all’agenda politica di girare decisamente pagina, fi­no al fare finta di nulla. E invece, di fronte agli attac­chi personali che gli stan­no piovendo addosso da mesi, Berlusconi non ha fatto niente di tutto ciò. Anzi, con la querela alla Repubblica e all ’Unità ha aggiunto benzina al fuoco della polemica. Perché? Perché egli non capisce l’importanza della suddetta gestione politica e/o non sa met­terla in opera, si può ri­spondere. Ma forse c’è una ragione più semplice (e in certo senso più so­stanziale): perché non è nel suo carattere, e Berlu­sconi sa bene che è pro­prio nel suo carattere, nel suo spontaneo modo di muoversi, di parlare, di re­agire, che sta la ragione principale del suo succes­so come politico outsider. Un temperamento legge­ro e insieme pugnacissi­mo; e poi ottimista, sicu­ro e innamorato di sé co­me pochi e naturalmente disposto all’improntitudi­ne guascona, all’iniziativa audace e fuori del consue­to: questo è l’uomo Berlu­sconi, e questa ne è l’im­magine che ha conquista­to lo straordinario consen­so elettorale che sappia­mo. Perché mai un uomo così dovrebbe preoccupar­si di trovare una soluzio­ne politica ai conflitti che riguardano la sua perso­na?
Continua ... http://www.corriere.it/editoriali/09_settembre_07/dellaloggia_8246af0e-9b6c-11de-88f0-00144f02aabc.shtml

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