Washington, 6 ott. (Adnkronos/Aki) - Steve Jobs, il padre di Apple e di alcune delle più brillanti invenzioni dell'era digitale, è morto a soli 56 anni. A stroncare un uomo che sembrava imbattibile è stato il cancro al pancreas, la malattia contro cui lottava dal 2004. Negli Usa e nel mondo era conosciuto come il ''guru'', il ''visionario'', il ''Leonardo Da Vinci di oggi'', o meglio, il più grande innovatore dei nostri tempi. A lui si devono l'iPod, l'iTunes, l'iPhone e l'iPad, strumenti che hanno rivoluzionato un'industria intera, lasciando un'impronta indelebile nella nostra società.La sua straordinaria vita professionale inizia nel 1976, quando in un garage fonda Apple con Steve Wozniak e Ronald Wayne. Ma poi non furono - come ammise più volte in pubblico lo stesso Jobs - ''tutte rose e fiori''. Nel 1985, quando Apple conosce le prime difficoltà, viene messo alla porta dalla stessa azienda che aveva creato. Fu un colpo durissimo. In quella occasione, come già era successo durante la sua non facile gioventù, Jobs non si perse d'animo: si cimentò col cinema di animazione e lo rivoluzionò lanciando Pixar, oggi un colosso nelle mani della Disney.Nel 1996 Jobs ritornerà in soccorso della sua creatura, la Mela, praticamente sull'orlo del baratro dopo i colpi inferti dalla concorrente, Microsoft. Si trattava di compiere quasi un miracolo, ciò che fece Jobs lanciando la seconda fase di 'Apple', quella che conosciamo tutti perché è sinonimo di smart-phone, touch screen, IMac ma anche di un nuovo modo di ascoltare musica, leggere i giornali e navigare su Internet.''L'effervescenza, la passione e l'energia di Steve sono state fonti di innumerevoli innovazioni che hanno arricchito e migliorato tutte le nostre vite - ha dichiarato Apple in un comunicato - Grazie a Steve il mondo è immensamente migliorato''. Al mondo però Steve Jobs non lascia solo le sue ''intuizioni geniali'', ma lascia una vita, la sua, che in se stessa è già una lezione per tutti. Il suo vero testamento, probabilmente Steve Jobs lo consegnò già nel 2005 quando parlando ai neolaureati di Stanford lanciò il monito: ''Siate folli, siate affamati'', il motto della sua vita. Lui che abbandonò l’università per non fare spendere ai genitori adottivi i risparmi di tutta la loro vita, che dormì sui pavimenti del college per seguire improbabili corsi di calligrafia. Eppure, come disse allora ai ragazzi, ''nella vita spesso la questione è sapere collegare i punti, mettendo a frutto le esperienze passate'' e facendosi guidare dall’unica cosa che conta, la passione. E, difatti, quei corsi di calligrafia, seguiti solo per passione, si rivelarono utilissimi già nel primo Macintosh, famoso per l’accuratezza e l’estetica dei suoi caratteri oltre che per la modernità dell'interfaccia grafica. ''Dovete credere in qualcosa: il vostro guru, il destino, il karma o altro. Questo approccio non mi ha mai mollato ed è questo che ha fatto la grande differenza nella mia vita''.
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