Il richiamo di Napolitano all'unità nazionale e l'appello per una nuova legge elettorale sorprendono il presidente del Consiglio. Che dice: "Così destabilizza il governo". E ora pensa alla riforma del voto: "Sulla scheda elettorale preferenze e indicazione del premier" di CARMELO LOPAPA
ROMA - Un intervento "fuori spartito", che in quei termini il Cavaliere proprio non si aspettava. Nel fortino sempre più assediato di Palazzo Grazioli, un presidente del Consiglio già alle prese con l'ennesimo ultimatum della Marcegaglia e con la valanga di firme anti-porcellum che i referendari gli hanno appena rovesciato contro, commenta con un misto di asprezza e preoccupazione le parole del capo dello Stato. A Silvio Berlusconi è chiaro che quei fendenti sul popolo padano che non esiste, sull'illegalità della svolta secessionista, pur inappuntabili nel merito, colpiscono al cuore l'asse che lo lega a Umberto Bossi e che tiene in piedi il governo. Una filippica "a freddo" che - è il suo commento più riservato - rischia di "destabilizzare" ulteriormente il governo. Raccontano che abbia tirato un sospiro di sollievo solo leggendo la reazione tutto sommato contenuta di Calderoli. Ma la preoccupazione resta. Anche per quel che l'uscita di Napolitano comporta in prospettiva. L'uscita, in realtà come di consueto ben ponderata dal Colle, è il sintomo dell'apprensione del Quirinale per un quadro politico generale che appare alquanto deteriorato e fragile. Da qui la necessità di una nuova legge elettorale che ricostruisca la "fiducia nelle istituzioni".Continua ...
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