La fiction di Raitre, voluta da Minoli, Saccà e dalla
Regione siciliana, doveva ricreare a Termini Imerese una nuova Cinecittà: 230
puntate girate, al costo di 100mila euro ciascuna. Ora ci sono in
cassaintegrazione 134 persone. Nel 2007 la società Einstein vince l'appalto, ma
i costi di realizzazione lievitano. Il produttore Luca Josi denuncia: "Per
la fiction usati amici e parenti in odore di mafia"
Il
disastro da 70 milioni di euro si chiama, o meglio si chiamava, Agrodolce. E doveva essere la
risposta siciliana a un Posto al sole, la soap girata a Napoli che da 15 anni
tiene banco sui Raitre e che in Campania ha finito per dare lavoro, grazie
all’indotto, a più di 1500 persone. A partire dal 2005 a volerla fortemente
erano stati in tre: il direttore di Rai EducationalGiovanni
Minoli,
quello di Rai Fiction,Agostino Saccà, e la Regione siciliana. Tanto
che Palazzo D’Orleans, abbagliato dal sogno di riuscire a riconvertire
dall’auto alla tv una Termini Imerese abbandonata dalla Fiat, era arrivato a
finanziare la prima serie con 12, 7 milioni di fondiFas (quelli per le aree
sottosviluppate erogati dall’Unione Europea) e 12,3 Rai. Altri 46 per la
seconda e la terza.
Agrodolce però è morta. Le 134 maestranze sono in cassa integrazione. Il tesoro dei fondi Fas verrà con tutta probabilità tolto all’isola dal Cipe. E Termini Imerese perderà un investimento totale di 46 milioni se, entro il 30 dicembre, la televisione di Stato e la giunta di Raffaele Lombardo, non troveranno una soluzione. Così oggi sul tavolo restano solo degli studi vuoti, le speranze deluse dei siciliani, lo spreco di soldi pubblici e un mare di singolari intercettazioni ambientali. Sì, avete capito bene: intercettazioni ambientali. Sono i file audio, registrati artigianalmente a partire dal 2007, da uno degli altri protagonisti di questo pasticcio milionario che da mesi toglie il sonno ai piani alti di viale Mazzini: Luca Josi, l’ex delfino di Bettino Craxi negli anni difficili di Mani Pulite e della latitanza ad Hammamet, poi diventato nel ‘ 94 un produttore di successo e oggi in grandi difficoltà finanziarie. Josi, che tramite la sua Einstein, ha prodotto Agrodolce, ha infatti presentato un lungo esposto-querela chiedendo “se Minoli e il suo staff hanno utilizzato per secondi fini il ruolo ricoperto nell’ambito dell’organizzazione Rai”.
Nel documento ha raccontato storie di presunto nepotismo; ha ricostruito, registrazioni alla mano, vicende che profumano di mafia in cui un dipendente di viale Mazzini avvertela
Einstein delle richieste di “un personaggio locale di dubbia
provenienza”; ha prodotto documenti da cui sembra emergere il tentativo della
Rai di farsi rimborsare dalla Regione, per oltre due milioni di euro, la
ristrutturazione di studi televisivi mai effettuata. Poi ha depositato davanti
al tribunale civile un ricorso d’urgenza contro viale Mazzini, per farsi pagare
molti milioni di euro di fatture già emesse. Carte imbarazzanti, insomma. Tutti
documenti che il Fatto ha potuto esaminare,
assieme a una lunga ricostruzione audio-video dell’accaduto messa on line a
puntate sul nostro sito a partire da oggi.
Agrodolce però è morta. Le 134 maestranze sono in cassa integrazione. Il tesoro dei fondi Fas verrà con tutta probabilità tolto all’isola dal Cipe. E Termini Imerese perderà un investimento totale di 46 milioni se, entro il 30 dicembre, la televisione di Stato e la giunta di Raffaele Lombardo, non troveranno una soluzione. Così oggi sul tavolo restano solo degli studi vuoti, le speranze deluse dei siciliani, lo spreco di soldi pubblici e un mare di singolari intercettazioni ambientali. Sì, avete capito bene: intercettazioni ambientali. Sono i file audio, registrati artigianalmente a partire dal 2007, da uno degli altri protagonisti di questo pasticcio milionario che da mesi toglie il sonno ai piani alti di viale Mazzini: Luca Josi, l’ex delfino di Bettino Craxi negli anni difficili di Mani Pulite e della latitanza ad Hammamet, poi diventato nel ‘ 94 un produttore di successo e oggi in grandi difficoltà finanziarie. Josi, che tramite la sua Einstein, ha prodotto Agrodolce, ha infatti presentato un lungo esposto-querela chiedendo “se Minoli e il suo staff hanno utilizzato per secondi fini il ruolo ricoperto nell’ambito dell’organizzazione Rai”.
Nel documento ha raccontato storie di presunto nepotismo; ha ricostruito, registrazioni alla mano, vicende che profumano di mafia in cui un dipendente di viale Mazzini avverte
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