La Corte di Giustizia Ue ha cancellato la condanna civilistica a un giornalista greco, che dovette pagare 58 mila euro a un ex collega diventato deputato, sentitosi diffamato dall’espressione . Lo Stato dovrà anche restituire per intero la somma pagata dal giornalista per il risarcimento.I giudici europei sostengono che il deputato, in quanto tale, deve accettare l’esercizio di critica anche quando molto è molto aspro. Ma non solo: per valutare la diffamazione, il tribunale non deve fermarsi alle parole contestate, ma valutare il contesto in cui vengono espresse e, soprattutto, i giudici devono valutare l’interesse pubblico.Una lezione di stile e di legalità di cui dovrà tener conto anche il legislatore italiano, strenuamente impegnato nella sua battaglia contro i giornalisti e contro il diritto di cronaca. (ag)
L’ARTICOLO PUBBLICATO SUL “SOLE- 24 ORE” di Marina Castellaneta
I giornalisti condannati in sede civile per diffamazione dai tribunali nazionali, con sentenze non conformi ai principi sulla libertà di espressione garantiti dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, hanno diritto a ottenere il risarcimento del danno materiale, che equivale all’importo versato al diffamato.È un passo avanti nella tutela della libertà d’informazione quello raggiunto dalla Corte europea nella sentenza depositata il 5 giugno 2008 (ricorso 15909/06, «I Avgi Publishing» e Karis), con cui non solo ha condannato la Grecia ma ha anche costretto le autorità elleniche a cancellare del tutto le conseguenze della condanna per diffamazione.
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