lunedì 22 settembre 2008

Once we were bankers - di Eugenio Benetazzo

Once we were bankers, cioè una volta eravamo banchieri, così si presenteranno tra dieci anni davanti ad una pinta di birra in un qualche squallido pub di alcolizzati, molti consiglieri di amministrazione di istituti di credito e di banche d'affari che sono destinati a fallire nei prossimi trimestri. Ormai le prime pagine dei giornali si sprecano con titoli sempre più drammatici del tipo siamo innanzi ad un altro 29, i mercati collassano come nel ‘29, panico in borsa come nel '29 e così via ricalcando su questo stile. E pensare che quando due anni fa scrissi prima, “Duri e Puri: Aspettando un nuovo 1929” , e successivamente, “Best Before: Preparati al peggio”, venni letteralmente bannato come un ridicolo catastrofista e censurato da quasi tutti i forum finanziari per il pessimismo ostentato. A distanza di due anni adesso fanno tutti a gara a scimmiottare il mio pensiero, i miei avvertimenti ed i miei consigli: andate a vedervi come in Marzo di quest'anno preannunciavo il fallimento (http://it.youtube.com/watch?v=M42jzhI64bw) di tre banche americane con largo anticipo! Ma per quanto si sforzino di tentare di dare una spiegazione tecnicamente raffinata ed inattaccabile, la maggior parte di questi giornalisti, analisti e trader di borsa non fa altro che dimostrarsi un mero replicante di notizie clonate ed apprese di sfuggita dalla televisione o lette avidamente in qualche redazionale economico. Non siamo innanzi ad un altro 1929, ma già come scrivevo con inaspettato anticipo nel 2006, abbiamo di fronte un nuovo 1929, ovvero uno scenario macroeconomo di crisi globale che non ha precedenti storici e che non si può spiegare riduttivamente ancorandosi ai vecchi ed obsoleti modelli econometrici. Dalla Northern Rock alla Indymac, dalla Bear Stearns alla Fannie Mae, dalla Lehman Brothers alla AIG, troviamo un denominatore in comune: più grande è la banca, più la probabilità che essa sia stata oggetto di contagio finanziario tende ad aumentare. Già qui individuiamo un primo elemento distintivo: il 1929 vide una carneficina di piccoli istituti di credito cascare uno dietro l'altro quasi ad effetto domino, mentre i grandi colossi bancari di allora rimanevano relativamente immuni dal crash economico. Nel 2008 assistiamo ad una caratteristica situazionale esattamente opposta: più sono ridotte le dimensioni della banca, più elevata diventa la presunzione di stabilità finanziaria. Questo è una naturale conseguenza della gestione ordinaria dell'attività bancaria per un piccolo istituto di credito: infatti difficilmente quest'ultimo ha spinto all'estremo l'erogazione dei mutui ad intervento integrale, difficilmente ha rapporti ed interessi strategici con le grandi realtà bancari e difficilmente, infine, ha ideato e progettato prodotti finanziari strutturati con il fine unico di ottenere ingenti facili profitti e sodomizzare contemporaneamente con grande eleganza la propria clientela. Ecco perchè ho sempre appoggiato, per esempio, il circuito del credito cooperativo (attenzione però che nel cesto ci potrebbe essere sempre qualche isolata mela marcia).
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http://www.disinformazione.it/bankers.htm

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