Avvocato corrotto - Nazione infetta.
La “tangentopoli” post-bellica portò, nel ‘55 alla stesura di un articolo altamente infiammabile, sapido come pochi, di Manlio Cancogni. Il periodico era il neonato L’Espresso, il titolo “Capitale corrotta=Nazione infetta“, la denuncia la corruzione – più che documentata, inappellabile – per la compravendita delle aree fabbricabili della capitale, una liason rouge che portava dritti ad alte sfere maleodoranti. A L’Espresso, nel 1957, fu imposta un’ammenda di 70 mila lire, a Cancogni la reclusione a 8 mesi. La rivista Il Mondo, vicina a L’Espresso, diede così vita a un convegno sulla libertà di stampa, Stampa in allarme, di cui ancora oggi è vivo, nei ‘reduci’, il commuovente ricordo. Non è la stessa, non è il caso. Nessuno, ancora, è al gabbio per nulla. La sensazione – poco palpabile, soprattutto da parte della stampa (e questo è il filo rosso) – era che qualcosa di grosso poteva esserci, che le detonazioni al bromuro e melatonina non sarebbero più servite a granchè. Certo, basta fare un giro dalle parti delle pagine governative – Facebook, siti vari – o leggere le dichiarazioni di un Capezzone che, con l’ultima, ha finito di umiliare sè stesso e chi, dabbenagine, gli ha dato corda negli orsono radicali – me per primo.Quel che è più grave è l’aspetto politico: se qualcuno, nell’opposizione, pensa ancora di poter usare l’arma giudiziaria per colpire un governo liberamente scelto dai cittadini, commette un errore, e fa anche un calcolo elettorale sbagliato. Gli italiani non ci cascano più.E taccio. Prepariamoci, Iodosan in mano, Golia in tasca e fiato in petto: saranno urla vane, le nostre, nei prossimi giorni. E più forti dovranno essere, laddove l’inutilità ci si presenti in bocca, a darci il cattivo gusto del vuoto.La stampa è ancora forse in allarme? Dovrebbe? Sarebbe, mai come ora, mai come in questi casi, mai come oggi, il caso. Silenzio. Al diavolo le dieci domande al brodo vegetale (Repubblica, nda), le inchiestine del qudernetto rosso (L’Unità, nda). Non badiamo, ripetiamo come da manifesto, all’estetica del qualcosa.
C’è un corrotto. C’è un corruttore.
E chi sarà mai, questo B.?
La presidenza si farà carico di inoltrare alla presidenza del Consiglio una sintesi di questa seduta, anche se – dice Schifani – il presidente del Consiglio ha già fatto sapere che intende riferire in Parlamento”.
Ti aspettiamo,
mister B.Ungormìte
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