Il discorso (*) pronunciato ieri dal presidente Usa Barack Obama, all'università del Cairo, ha suscitato numerose e contrastanti reazioni nel mondo arabo-islamico e in Europa. Da una parte, gli entusiasti parlano di "discorso storico", di "nuova immagine americana", di "evento epocale", dall'altra i pragmatici sottolineano che quanto affermato da Obama non porta alcuna novità, poiché di "Stato palestinese" si parla da decenni, ma nessuna amministrazione statunitense ha mai realizzato le promesse.
Indubbiamente, però, una novità c'è, e va individuata nella retorica moderata, conciliante, colta del presidente, che ben si discosta dal linguaggio violento, brutale e rozzo del suo predecessore. Nella prassi, tuttavia, Obama ha dimostrato una decisa continuità con le amministrazioni di George W. Bush: ha potenziato, anziché ritirarle, la presenza delle truppe statunitensi in Afghanistan; in Iraq nulla è cambiato; non ha chiuso, come promesso, il lager di Guantanamo, né ha condannato i torturatori; nei confronti dello Stato sionista sta portando avanti la stessa linea totalmente assoggettata al diktat della Israel Lobby e dell'Aipac, confermando, subito dopo il genocidio di Gaza, l'invio di ingenti capitali. Dunque, niente di nuovo, oltre al linguaggio, alla comunicazione.
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