Dal 1990 al 2005 consumata dall'urbanizzazione una superficie agricola che equivale alla superficie del Veneto .
Al ragazzo della via Gluck, quello di Celentano che nella Milano degli anni '60 si immalinconiva perché "là dove c'era l'erba ora c'è una città", oggi verrebbe un infarto: dal 1956 al 2001 la superficie urbanizzata del nostro paese è aumentata del 500%. Si tratta di un'impresa di distruzione di territori boschivi e agricoli unica nel suo genere, in particolare se si tiene conto che l'Italia è un paese montuoso, che vede presenti anche significative superfici occupate da laghi, fiumi e zone umide. Nell’ultimo quindicennio il consumo di suolo, e quindi di paesaggio, ha viaggiato in Italia al ritmo di 244mila ettari all’anno. Secondo i censimenti dell’Istituto Centrale di Statistica, dal 1990 al 2005 abbiamo consumato 3 milioni e 663 mila ettari di superficie libera, cioè un'area più grande del Lazio e dell’Abruzzo messi assieme. Fra questi ci sono 2 milioni di terreno agricolo fertile che oggi è stato coperto da capannoni, case, strade: una superficie paragonabile al territorio di tutto il Veneto. E' quindi a pieno titolo che l'Italia vanta il primato di essere il primo produttore e consumatore di cemento in Europa: buona parte è stato e continua ad essere riversato sulle aree più importanti per la biodiversità (coste, fiumi, aree agricole). Questi dati, e le osservazioni relative, sono contenuti in un nuovo dossier intitolato "2009, l'anno del Cemento", curato dal Wwf in collaborazione con un gruppo di ricercatori della Facoltà di Ingegneria Ambiente e Territorio e Scienze Ambientali dell'Università dell'Aquila, coordinati dal prof. Bernardino Romano. Sono dati gravi, basti pensare che sono già almeno 100 i Comuni sono riusciti a urbanizzare oltre il 50% delle aree di loro appartenenza.
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http://www.corriere.it/cronache/09_agosto_04/anno_cemento_indagine_999b1b8e-8106-11de-87b4-00144f02aabc.shtml
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