Il Cavaliere incassa l’appoggio di Bossi. Ma tanti nel PdL e nella Lega si sono smarcati
Il Silvio furioso. Ufficialmente,qualsiasi sia il risultato del referendum, per il governo non cambierà nulla. Ma Silvio Berlusconi, che è stato attento a non politicizzare ulteriormente la consultazione popolare e pur sapendo che i rischi verranno da altri luoghi della politica per il suo governo, sa benissimo che questo voto potrebbe costituire un ulteriore elemento di deflagrazione nei confronti di una maggioranza ballerina. Per questo, dicono i beneinformati, è furioso anche e soprattutto con Gianni Alemanno e Renata Polverini, che ieri si sono fatti vedere ai seggi e annunciato il voto ad almeno uno (Alemanno, sul nucleare) dei quesiti. Anche Luca Zaia della Lega Nord è andato alle urne. Scrive Marco Galluzzo sul Corriere:
Ce l’aveva con la Polverini, e con Alemanno, che avrebbero certamente «potuto evitare» di farsi vedere dalle parti dei seggi, e persino votare sì come nel caso della presidente della Regione, data ormai apertamente per «traditrice» nei discorsi privati degli esponenti del Pdl. Eppure umore e ragionamenti del premier sembravano aver metabolizzato anche il raggiungimento del quorum. Prima che parlasse Bossi, all’inaugurazione di una sede della Lega, le fibrillazioni interne al partito e al governo erano arrivate al massimo livello di guardia: ieri mattina il Cavaliere era in Sardegna, nella sua villa sulla Costa Smeralda, e mentre gli italiani andavano a votare secondo medie molto alte per un referendum, nella maggioranza si ascoltavano discorsi di marcato pessimismo, dove faceva capolino il concetto di 8 settembre, l’inarrestabile discesa del premier nei consensi del Paese e nella capacità di intercettarli, la probabilità di un governo di decantazione, parola diventata di moda, per evitare che Berlusconi tenga in vita un esecutivo che anche gli analisti di destra giudicano immobile.
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