Giuseppe Ciarrapico: le sue società portavano a casa i contributi per l’editoria senza averne diritto
Giuseppe Ciarrapico è di nuovo nei guai. Dopo le frasi antisemite su Fini, però, adesso ad arrabbiarsi è la guardia di finanza. Che ieri gli ha contestato una truffa ai danni del dipartimento dell’editoria presso la presidenza del Consiglio dell’importo di 45 milioni di euro, acquisiti tra il 2000 e il 2007 che non la truffa. Scrive Carlo Bonini su Repubblica:
Pietro Saviotti, ha contestualmente chiesto il suo rinvio a giudizio (accusa su cui il gup dovrà pronunciarsi nei prossimi mesi). Trova dunque una sua compiuta ricostruzione la vicenda per la quale, ai primi di maggio dello scorso anno, la Procura di Roma sequestrò a Ciarrapico beni per 20 milioni di euro (quote societarie, conti correnti, uno yacht nel porto di Gaeta), notificandogli, insieme al figlio Tullio, un avviso di garanzia per «truffa aggravata nel conseguimento di erogazioni pubbliche». L’indagine, condotta dal Nucleo di polizia valutaria della Guardia di Finanza di Roma, aveva documentato come Ciarrapico avesse utilizzato nel tempo il Dipartimento per l’Editoria della Presidenza del Consiglio come un bancomat cui attingere annualmente denaro pubblico destinato ad alimentare i propri conti correnti.
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