IL CAIRO- «Lo Stato palestinese deve essere riconosciuto. Non ci sono altre scelte. È un dovere». Così si è espresso il premier turco, Recep Tayyip Erdogan, davanti ai ministri degli Esteri della Lega Araba riuniti al Cairo senza indietreggiare di un millimetro dalla linea dura anti-israeliana. «Dobbiamo lavorare insieme con i nostri fratelli palestinesi. La loro causa è una questione di dignità umana», ha esordito Erdogan aggiungendo: «È tempo che la bandiera palestinese sventoli alle Nazioni Unite. Uniamo gli sforzi e facciamo che questa bandiera diventi un simbolo di pace e di giustizia in Medio Oriente». Durissimo l’affondo contro Israele, definito «un bambino viziato» che usa il terrorismo di Stato e sta determinando la rovina del suo popolo attraverso le sue politiche. L’unica via per il regime di Israele per uscire dalla solitudine, secondo Erdogan, «è agire in modo responsabile come uno Stato responsabile e serio». E fino a quando questo non avverrà, è l’Erdogan-pensiero, non ci sarà nessuna normalizzazione tra Turchia e Israele. Quest’ultimo deve scusarsi ufficialmente per il blitz contro la Mavi Marmara, risarcire le vittime (nel blitz del maggio 2010 morirono 7 turchi), e porre fine all’assedio della Striscia di Gaza. Condizioni che Israele rifiuta. A evidenziare ulteriormente la rottura fra Tel Aviv e Ankara, il quotidiano turco «al-Zaman» ieri rivelava che la Turchia ha cambiato un vecchio software militare destinato ai suoi caccia, navi da guerra e sottomarini. Quello nuovo non riconosce più come «amici» aerei e imbarcazioni israeliane impedendo in questo modo di colpirli. Di fronte alla platea dei responsabili della diplomazia araba, Erdogan ha indicato la ricetta per dare il via alle riforme e al riscatto verso la modernità e lo sviluppo, quella peraltro adottata a suo tempo da Ankara: «Rispetto della libertà, della democrazia e dei diritti umani. Valori che devono costituire uno slogan unico per i nostri popoli.
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