ROMA - "Mi piacerebbe moltissimo lasciare, ma se penso alle mie aziende, ai colleghi e ai figli e vedo una coalizione Bersani-Vendola-Di Pietro sento assolutamente la responsabilità di stare qui per mandare avanti il Governo". Risponde così agli attacchi degli ultimi giorni il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi
intervenendo agli Stati Generali del Commercio Estero del Pdl all'Eur di Roma.
Insomma un affondo all’opposizione, la stessa però nella quale dice di confidare quando, poi, commenta le misure che il governo intende adottare sulla base della lettera inviata all'Unione europea: “Stiamo lavorando e confido anche nell'apporto delle opposizioni”
E a quanti gli domandano della presunta lettera di parlamentari dissidenti del Pdl, che gli chiederebbero un passo indietro risponde: “E' una bufala di cui non abbiamo traccia". Sul rapporto con
Il Premier si riscalda e rivolgedosi alla platea esorta chi lo segue a non entrate in politica, ma sulla sua posizione specifica: “Io non mi sono pentito. Da questo punto di vista ho la consapevolezza di aver fatto qualcosa di impegnativo e di grosso sacrificio".
Parla anche dell’euro: “Come moneta non ha convinto nessuno, perché non è di un solo Paese ma di tanti che però non hanno un governo unitario né una banca di riferimento e delle garanzie”.
La settimana prossima il pacchetto anti-crisi sarà all'esame del Parlamento, come ha annunciato lo stesso Berlusconi invocando anche il contributo dell'opposizione.
Immancabile, inoltre, il passaggio sui licenziamenti: “La polemica sui licenziamenti facili è figlia di una cultura ottocentesca che ignora i cambiamenti del mercato mondiale ed è oltraggiosa per l'intelligenza degli italiani: già ora nelle aziende con meno di 15 dipendenti, dove lavora circa la metà degli occupati, non vige la giusta causa", afferma Berlusconi. A sentire il Premier, il problema è ridurre le cattive abitudini, scongiurare un`estensione abnorme del lavoro precario, offrire un futuro qualificato ai giovani e alle donne rimuovendo solo e soltanto le rigidità improprie che impediscono l'allargamento della base occupazionale e produttiva, per avvicinarci agli obiettivi del Trattato di Lisbona sulla partecipazione al mercato del lavoro, purtroppo ancora lontani. “Se ora il governo si propone di intervenire sui contratti di lavoro – dice - seguendo la strada indicata dal disegno di legge presentato dal senatore dell'opposizione Pietro Ichino, è solo per aumentare la competitività del Paese, aprire nuovi per spazi occupazionali per le donne e per i giovani, e garantire a chi perde il lavoro l'aiuto della cassa integrazione per trovare una nuova occupazione".
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