Il piano degli estremisti: cancellare le proteste pacifiche stile Madrid.
ROMA - Se chi sfila ordinato prendendo la via del Colosseo si sente gridare «pecora!» perché non decide di affrontare il cordone di polizia e dare l'assalto al Parlamento, vuol dire che qualche problema c'è. Non tanto per via del ragazzo vestito di nero che si sgola insultando i manifestanti nel velleitario quanto inutile tentativo di deviare il corteo, ma perché altrove qualcun altro che la pensa come lui - molti di più, e molto più decisi - nel frattempo è passato alle vie di fatto. Non contro i palazzi del potere, ma contro gli «indignati» che volevano fare come in Spagna, proteste visibili ma pacifiche, arrabbiatima senza passare dalla parte del torto. Loro invece, i «duri» venuti appositamente per rompere i piani e gli schemi preparati dal «comitato 15 ottobre», vogliono fare come in Grecia: violenze di piazza, colorate più di rabbia che di politica. Anzi, la rabbia che prende il sopravvento sulla politica e finisce per travolgere chi, anche dalle posizioni più estreme, tenta comunque di proporre un'alternativa organizzata. Antagonista ma costruttiva. Loro no.
Hanno in testa l'insurrezione, e se il contesto generale non la lascia prevedere in tempi brevi si sfogano impedendo agli altri di prospettare ipotesi più ragionevoli. Evaporati i fumi degli scontri e cessato l'urlo delle sirene, è questa la prima immagine che offre la giornata del 15 ottobre 2011, figlia legittima della protesta degenerata del 14 dicembre 2010. Anche allora ci furono fuochi e vetri infranti, e si parlò di guerriglia per molto meno di quanto è accaduto ieri. In quell'occasione la rivolta fu improvvisa e improvvisata, «ragazzini non controllati da nessuno», dissero gli organizzatori della manifestazione ufficiale. Ieri c'è stato il seguito, ma diverso e più incisivo. Pianificato, studiato a tavolino.
Continua ...
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