La Cassazione: possibili le misure alternative
Nei procedimenti per violenza sessuale di gruppo, il giudice non e’ piu’ obbligato a disporre o a mantenere la custodia in carcere dell’indagato, ma puo’ applicare misure cautelari alternative. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, dando un’ interprestazione estensiva ad una sentenza della Corte Costituzionale del 2010.
IL CASO DELLA RAGAZZA – In base a tale valutazione, la Cassazione ha pertanto annullato una ordinanza del Tribunale del riesame di Roma, che aveva confermato il carcere – ritenendo che fosse l’unica misura cautelare applicabile – per due giovani (difesi dagli avvocati Lucio Marziale, Nicola Ottaviani ed Eduardo Rotondi) accusati di violenza sessuale di gruppo nei confronti di una ragazza del frusinate ed ha rinviato il fascicolo allo stesso giudice perche’ faccia una nuova valutazione, tenendo conto dell’interpretazione estensiva data dalla Suprema Corte alla sentenza n. 265 del 2010 della Corte Costituzionale.
LA LEGGE DI CONTRASTO – A partire dal 2009, con l’approvazione da parte del Parlamento della legge di contrasto alla violenza sessuale – nata sulla base di un diffuso allarme sociale legato alla recrudescenza di episodi di aggressioni alle donne – non era consentito al giudice (salvo che non vi fossero esigenze cautelari) di applicare, per i delitti di violenza sessuale e di atti sessuali con minorenni, misure cautelari diverse e meno afflittive della custodia in carcere alla persona raggiunta da gravi indizi di colpevolezza. Investita della vicenda, la Corte Costituzionale, nell’estate del 2010, ha ritenuto la norma in contrasto con gli articoli 3 (uguaglianza davanti alla legge), 13 (liberta’ personale) e 27 (funzione della pena) della Costituzione e ha detto si’ alle alternative al carcere ‘nell’ipotesi in cui siano acquisiti elementi specifici, in relazione al caso concreto, dai quali risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfate con altre misure’.
PRINCIPI INTERPRETATIVI - Ora la terza sezione penale della Corte di Cassazione (sentenza n.4377/12) ha stabilito che i principi interpretativi che la Corte Costituzionale ha fissato per i reati di violenza sessuale e atti sessuali su minorenni sono ‘in toto’ applicabili anche alla ‘violenza sessuale di gruppo’ (art. 609 octies codice penale), dal momento che quest’ultimo reato ‘presenta caratteristiche essenziali non difformi’ da quelle che la Consulta ha individuato per le altre specie di reati sessuali sottoposti al suo giudizio. ‘Unica interpretazione compatibile’ con i principi fissati dalla sentenza della Corte Costituzionale – ha concluso la Cassazione – ‘e’ quella che estende la possibilita’ per il giudice di applicare misure diverse dalla custodia carceraria anche agli indagati sottoposti a misura cautelare’ per il reato di violenza sessuale di gruppo. (ANSA).
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