Roma, 20 feb. - (Adnkronos/Ign) - Via libera alla procreazione assistita per i detenuti in regime di carcere duro. Lo ha deciso la Cassazione accogliendo il ricorso del boss Salvatore Madonia, detenuto nella casa circondariale di L'Aquila in regime di 41 bis, che si era visto negare dal Dap la richiesta di accedere al programma di procreazione assistita visti i problemi di procreazione della moglie affetta da anovolarietà cronica.Per la Suprema Corte, che ha accolto il ricorso di Madonia, ''il trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanità e deve assicurare il rispetto della dignità della persona''. Tanto più, rimarca la prima sezione penale nella sentenza 7791 depositata oggi, se si considera che ''risulta medicalmente accertata la patologia giustificativa del trattamento invocato della quale risulta affetta la moglie'' del boss recluso in regime di carcere duro.Il no al programma di procreazione assistita, a Madonia, era stato intimato dal giudice di sorveglianza dell'Aquila, a maggio 2007, sulla base del no del Dipartimento di amministrazione penitenziaria secondo il quale la legge 40/04 che garantisce la massima tutela del nascituro non sarebbe stata realizzabile vista ''la situazione di detenzione del genitore''.Contro il no alla procreazione assistita il boss Madonia ha fatto ricorso con successo in Cassazione, sostenendo tra l'altro che l'inserimento del programma di procreazione assistita non avrebbe implicato alcuna uscita dal carcere, e neanche dalla propria cella''.Gli 'ermellini' hanno giudicato fondato il ricorso e ha sottolineato che ''il principio da applicare in simile fattispecie non può che essere quello di contemperare interesse personale e detenzione (lo scopo della detenzione) e il giudizio relativo non puo' che ispirarsi al criterio della proporzione tra le esigenze di sicurezza sociale e penitenziaria ed interesse della singola persona''. Da ciò consegue che ''il sacrificio imposto al singolo - sottolinea il relatore Francesco Bonito - non deve eccedere quello minimo necessario, e non deve ledere posizioni non sacrificabili in assoluto''. In definitiva, sottolinea ancora la Cassazione, ''non possono essere adottate restrizioni non giustificabili con le esigenze predette di rispetto della dignità e dell'umanità della persona o, nei confronti degli imputati, non indispensabili a fini giudiziari''. Sarà ora il magistrato di sorveglianza dell'Aquila, sulla base delle indacazioni della Cassazione, a consentire al boss Salvatore Madonia di accedere al programma di procreazione assistita.
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