sabato 23 agosto 2008

Bacetti e gemiti in cambio di un 30

Ecco l’università porno. Il magnifico rettore di Bari, Corrado Petrocelli, poco tempo fa disse che «l’Italia è piena di scandali negli atenei, mica solo da noi. Non riesco a capire perché non tutti abbiano meritato lo stesso clamore». Tempo. Provvediamo subito. Il 31 luglio 2008 il gip Onorati del Tribunale di Matera scrisse nell’ordinanza di arresto che il professore E. G., 55 anni, docente di dialettologia italiana e storia della lingua italiana, «era caparbiamente incline a considerare il suo pubblico ufficio una sorta di privé da utilizzare per i suoi piaceri sessuali». Si potrebbe cominciare da qui, per dare l’idea. Poco dopo, all’università di Milano, quattro bellissime studentesse erano finite in uno scandalo di prestazioni squillo. Avevano tutte ottimi voti sul libretto. Solo che per mantenersi facevano le prostitute: 400 euro a volta. Una di loro, Ana, ungherese, disse al Corriere della Sera: «Perché tutto questo stupore? Al mio Paese sono tante le ragazze che per pagarsi gli studi si vendono. E’ molto fiorente il business dei film porno. Si esce da scuola e si va a girare una pellicola hard». Come sentenziò giustamente la signorina N. F., 32 anni, bella, alta, esile, e capelli castani lunghi, una delle vittime del primo grande scandalo porno dell’università italiana, quello di Camerino, con il professore che filmava i video di sesso con le sue studentesse: «Non parliamo di amore, per favore. Non eravamo in condizioni di parità, io quella roba non la volevo fare, altro che consenso». Quello che colpisce, in effetti, sfogliando qualche pagina di verbale sulle università porno, è il senso del sopruso, più che del godereccio. Porno versione sadomaso. Con deviazioni gay. A Cesena cinque studenti maschi si sono ribellati alle avances del loro professore di economia. E, come hanno notato gli inquirenti, «il docente si proponeva soprattutto per rapporti orali». Ma sono davvero ridotti così i nostri atenei? Dai verbali di Matera. Persona offesa, studentessa Z.: «Di pomeriggio nel suo studio succedeva che mi allungava le mani sui glutei e sui fianchi, per esempio quando mi alzavo per andarmene e lui mi accompagnava alla porta dicendomi “non si preoccupi, stia tranquilla” e abbracciandomi le sue mani scivolavano giù sui fianchi. Però, non ha mai tentato di baciarmi. Non avrei mai e poi mai consentito che andasse oltre». Visto? Certo, non tutte sono così. Altra persona offesa, studentessa F: «Si sedeva sul bordo della scrivania ubicata al fianco di quella da lui solitamente occupata e poi si abbassava i pantaloni e, dopo aver appoggiato la mano sulla mia testa...». In compenso, la studentessa F. vedeva improvvisamente trasformata la sua carriera universitaria: «G. consentiva in seguito ad aggiustare l’esame di Storia della Musica che avevo già superato ottenendo 27. Non so come egli abbia fatto, ma sul mio libretto di esami al giorno d’oggi risulta un trenta al posto del 27 che avevo ottenuto. E in un’altra circostanza era intervenuto con due professori affinché mi fosse aumentato il voto. Grazie all’interessamento di G. rifeci l’esame e ottenni trenta». Altre volte non si sa se ridere o piangere. Studentessa A: «A luglio 2007 mi ero recata con B dal professore. L’ho visto che con le mani tirava a sé le due sedie su cui eravamo sedute allo scopo di avvicinarci a lui; subito dopo allungava un braccio sul mio petto e con la mano mi toccava un seno, facendo pressione sullo stesso con le dita. Preciso che con la mano stringeva completamente il seno, tanto da farmi anche male. Durante il contatto ho sentito che il professore ansimava ed emetteva gemiti di eccitazione. Credo che facesse altrettanto con la mia amica, perché intervallava le pressioni al seno, abbracciandoci entrambe e dicendoci: “che belle bambine, non vi preoccupate, risolviamo tutto”. Aggiungo che i suoi gemiti li ho sentiti per tutta la durata dei palpeggiamenti».
Continua ...
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