A DUE PASSI dai palazzi del potere pakistano, l'hotel Marriott di Islamabad è, o più esattamente era, l'albergo dell'establishment, della stampa occidentale e delle delegazioni straniere; e per tutto questo lo proteggevano straordinarie misure di sicurezza. Ma nugoli di poliziotti, sbarramenti e paratie mobili ieri non sono riusciti a evitare che un camion caricato di dinamite lo colpisse con la violenza di una bomba sganciata da un aereo e sterminasse decine tra gli ospiti che cenavano al piano terra, come ogni sabato sera. Con questa spaventosa dimostrazione di efficienza la vasta area dell'ultrafondamentalismo armato ha risposto al discorso pronunciato poco prima, nel vicino parlamento, dal nuovo presidente della Repubblica, Zardari. Il vedovo di Benazir Bhutto aveva ripetuto che il Pakistan avrà ragione dei Taliban pachistani, di Al Qaeda e delle altre bande terroriste che ormai minacciano la stessa esistenza della nazione. Ma la veemenza delle sue parole risultava meno convincente, davanti al rogo in cui ieri sera spariva il miglior albergo della capitale. Quell'incendio furioso pareva quasi rischiarare una realtà che l'Occidente evita ostinatamente di guardare. Stiamo perdendo il Pakistan.
Stiamo perdendo la seconda nazione musulmana per popolazione e forse oggi la prima per importanza strategica, perché ha la Bomba e perché è il retrovia del campo di battaglia afgano.
Negli ultimi mesi una crisi economica che proietta l'ombra della morte per fame su milioni di pachistani si è aggiunta a mali ormai cronici: fragilissimo il sistema politico, molto dubbio il controllo dell'esecutivo sugli apparati di sicurezza, perlomeno incerta la lealtà di importanti settori militari.
Continua ...
http://www.repubblica.it/2008/09/sezioni/esteri/pakistan-4/pakistan-rampoldi/pakistan-rampoldi.html
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