LA parte più pesante delle malattie lievi è la fila dal medico. Da quello di base ne uccide più la bile da attesa che lo stafilococco. Con l'età aumentano gli acciacchi e il bisogno di essere, più che curati, rassicurati. Così, nel paese più anziano d'Europa, l'ambulatorio dell'ex "dottore della mutua" finisce per essere più trafficato di una bocciofila di provincia. La sproporzione tra investimento (tempo impiegato) e risultato (sguardo del professionista) ricorda l'andamento recente di certi hedge fund. Almeno nei tanti casi in cui il valore aggiunto, l'occhio clinico, potrebbe esercitarsi anche a distanza, magari su immagini spedite dal telefonino o esami comunicati via email. Perché, in fondo, la telemedicina è proprio questo: fare spostare le informazioni invece dei pazienti. I quali - come dimostrano i primi studi internazionali - ci guadagnano su tutti i fronti, dall'economicità alla qualità di vita, quando non nella sua aspettativa. A marzo Kaiser Permanente, una delle principali fornitrici di prestazioni sanitarie statunitensi, ha pubblicato su Health Affairs i risultati del colossale sforzo (4 miliardi di dollari) per digitalizzare i servizi erogati ai suoi 8,6 milioni di assicurati. Convertendo i medici alla "religione" elettronica le visite per paziente si sono ridotte del 26%, aumentando però telefonate ed email. Non è l'unico sintomo del cambiamento. Uno studio pubblicato a gennaio negli Archives of Internal Medicine ha confrontato la performance di due gruppi di ospedali texani. Chi ha informatizzato sul serio ha ridotto del 15% i morti e del 16% le complicazioni.
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Infine la salute dell'erario. Stando a un rapporto del think tank Rand, se il 90% degli ospedali e dei medici americani adotterà le tecnologie dell'informazione entro il 2020 si risparmieranno 77 miliardi di dollari all'anno. Contabilizzando anche i benefici indotti da una migliore salute pubblica i vantaggi raddoppierebbero, arrivando al 6% della spesa sanitaria corrente, che ammonta a 2,6 trilioni di dollari come illustra l'Economist in un documentatissimo dossier. Una terapia piuttosto convincente, insomma. Sul versante dei risparmi da noi si è mosso il ministero dell'Innovazione. "Se l'elettronica entrasse fino in fondo nel servizio sanitario si potrebbe risparmiare il 30%" ha dichiarato a marzo Renato Brunetta. Ovvero trenta miliardi di euro su cento. Forse è una stima un po' ottimistica ma di certo l'informatizzazione potrebbe tagliare molto grasso. "Se considera che si fanno 550 milioni di ricette all'anno a una media di un euro l'una, già digitalizzandole si porterebbero a casa 550 milioni" dettaglia Paolo Donzelli, l'uomo chiave del ministero su questa partita. "Per non dire della riduzione di errori ingenerati da quelle scritte a mano. E poi pensate ai 12 milioni di certificati di malattia, tutte raccomandate da eliminare. Soldi che si potrebbero spendere nella cura piuttosto che nella burocrazia". Il piano eGov 2012, capitolo salute, registra l'oggi (con l'80% dei medici di base dotato di pc e, tra loro, una metà connessa a Internet) e pianifica il domani, quando ogni cittadino avrà il proprio "fascicolo sanitario elettronico", una biografia per malattie consultabile da qualsiasi medico. "Serviranno 4-5 anni per i primi risultati" ammette l'ingegner Donzelli. Nell'attesa di fare l'unità d'Italia, tuttavia, per certe regioni il futuro è già un'abitudine.
Continua ...
http://www.repubblica.it/2009/06/sezioni/tecnologia/medico-virtuale/medico-virtuale/medico-virtuale.html
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