Il procuratore di Palermo accredita l'ipotesi di un documento che attesterebbe l'inizio di una trattativa tra Stato e mafia: "A breve potremmo entrarne in possesso. Non sarebbe la fine, ma l'inizio delle indagini. Non tutti vogliono la verità" .
FIRENZE - Siamo "nell'anticamera della verità", vicini quindi a capire cosa avvenne prima e durante l'epoca stragista voluta da Cosa nostra, se ci furono - e soprattutto tra chi - contatti tra i boss e lo Stato. "Come nella stagione 1996/1998. E come allora il clima politico cambia, diventa difficile". Così difficile al punto da far dire al procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia: "Non tutta l'Italia vuol sapere la verità".Forum nazionale contro la mafia, Firenze: stamattina parla Ingroia che anticipa il suo intervento al Forum perchè oggi pomeriggio deve essere a Roma con altri pm di Palermo e Caltanissetta per ascoltare Liliana Ferraro, ex capo degli Affari Penali del ministero della Giustizia, e domani l' ex Guardasigilli Claudio Martelli.Oggetto: la trattativa tra Stato e mafia, il 'papello', ovvero le richieste fatte da Cosa nostra alle istituzioni. Martelli, lo stesso che venne ascoltato come persona informata dei fatti da Gabriele Chelazzi, magistrato fiorentino della Direzione nazionale antimafia che indagava proprio sulla trattativa e che scrisse: "vi sono elementi positivi e univoci nella dimostrazione che vi furono contatti secondo uno schema contrattuale tra Cosa nostra e soggetti politici". Chelazzi ascoltò come persone informate dei fatti Martelli, ma anche l'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino, l'ex direttore del Dap Nicolò Amato, l'ex direttore del Sisde, generale Mario Mori. Quei verbali verranno "attentamente esaminati - ha detto Ingroia -. Oggi però c'è qualcosa di unico. Per una serie di coincidenze un 'fascio di lucè ha fatto sì che tra i protagonisti istituzionali di quella stagione ciascuno ha messo a fuoco ricordi evidentemente messi da parte".
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