Sei anni di reclusione per Girolamo Guddo, 74 anni, proprietario della villa di Altarello in cui fu pianificata la strategia di violenza mafiosa aperta dall'omicidio di Salvo Lima e chiusa dall' eliminazione dell'esattore Ignazio Salvo
PALERMO. La quinta sezione del tribunale di Palermo ha condannato a 6 anni di reclusione Girolamo Guddo, imputato di concorso in associazione mafiosa. Si tratta del proprietario della villa del quartiere di Altarello in cui fu pianificata, all'inizio del 1992, la strategia di violenza mafiosa aperta dall'omicidio di Salvo Lima e chiusa dall' eliminazione dell'esattore Ignazio Salvo, passando per le stragi di Capaci e via D'Amelio.
E a casa di Girolamo Guddo, 74 anni, i boss brindarono alla riuscita dell'eccidio costato la vita al giudice Giovanni Falcone, alla moglie Francesca Morvillo e a tre agenti di scorta. Era il 23 maggio 1992 e proprio Guddo, secondo il pentito Salvatore Cancemi (morto nei giorni scorsi) andò a comprare lo champagne.
L'imputazione originaria contestata al boss di Altarello era l'associazione mafiosa, ma oggi il collegio presieduto da Giuseppina Cipolla l'ha derubricata in concorso esterno. Il pm Rita Fulantelli aveva proposto 9 anni. All'udienza di oggi si sarebbe dovuto ascoltare Cancemi, ma i giudici hanno preso atto della sua scomparsa e hanno acquisito i suoi verbali. A Guddo, per effetto di queste accuse, erano già stati confiscati i beni e il suo patrimonio è stato destinato a fini sociali.
In Cosa nostra c'é anche un altro Girolamo Guddo, cugino del condannato e al quale a sua volta era stato inflitto l'ergastolo nel processo Tempesta, perché aveva messo a disposizione il suo pollaio, poco distante dalla villa del brindisi, per alcuni omicidi di mafia.
Girolamo Guddo era già stato processato a Caltanissetta, perché la sua vicenda era stata ritenuta collegata ai processi per le stragi. Il 13 maggio del 2005 la sesta sezione penale della Cassazione aveva però annullato la sentenza, ritenendo insussistente la connessione con gli eccidi che videro come vittime i magistrati palermitani e i loro uomini di scorta. Gli atti erano stati così "rinviati" nel capoluogo siciliano e il procedimento contro Guddo era dovuto ripartire dalla fase delle indagini.
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