La povertà e il bisogno, si sa, sono una brutta cosa. Specialmente in tempi di crisi. Per questo, uno Stato che si rispetti deve per forza aiutare i più deboli. Ad esempio, gli onorevoli.
Già costretti a un lavoro di merda – ore e ore di noiosissimi dibattiti da seguire, leggere le bozze Calderoli facendo lo slalom tra le macchie di polenta e osei sui fogli, a volte addirittura votare per il collega – almeno bisogna lasciare in pace la loro liquidazione.
Ecco perché leggere sulla Stampa chegli onorevoli
Fa venire in mente una necessità: visto che però il fisco, si sa, è infido e traditore, perché non pagare stipendio e liquidazione su un conto alle Cayman?Quando escono dal Parlamento, ricevono pure una buonuscita, accantonata grazie ai contributi mensili defalcati dalla busta paga, ma che non ha uguali in Europa: dopo cinque anni sullo scranno, 46.814 euro, dopo 15 anni oltre 140 mila euro. E c’è un particolare non indifferente, inserito tra parentesi in uno studio commissionato dalla Camera sui trattamenti economici dei parlamentari in Europa: gli euro della liquidazione sono tutti esentasse, tecnicamente detti «importi non imponibili». E già, mentre le liquidazioni degli italiani sono sempre tassate (dal 23 al 27%), quelle dei deputati sono esentasse. E’ vero che, a differenza dei sindaci, i deputati versano dei contributi: ogni anno circa 9 mila euro e moltiplicando per cinque si arriva a 45 mila euro.
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