ROMA - 1000 euro di multa, più 3000 euro per le spese di giudizio, più un risarcimento danni da quantificare davanti ad un Tribunale civile. Questa la condanna inflitta al deputato del Pdl Maurizio Gasparri, dal Tribunale di Roma, per diffamazione nei confronti del Pm Woodcock; concessa la sospensione condizionale della pena (se nei prossimi 5 anni Gasparri non commetterà reati, non dovrà pagare la multa) e la non menzione (sul certificato penale di Gasparri questa condanna non compare, a meno che non sia il certificato richiesto da un magistrato o dalle forze dell'ordine).
I fatti risalgono al 2003. Woodcock, allora Pm di Potenza, intercetta un imprenditore che dice ad un'altra persona che Gasparri l'ha informato che il suo telefono è sotto controllo. Trattandosi di un reato, Woodcock fa quello che farebbe qualsiasi magistrato: iscrive Gasparri nel registro degli indagati, dopo di che trasferisce tutto a Roma per competenza, trattandosi della città di residenza del deputato Pdl. La Procura di Roma fa le indagini, non scopre niente e quindi archivia il tutto. Ma l'anno dopo, nel commentare la vicenda ai microfoni di una trasmissione radiofonica della Rai, Gasparri sintetizza la vicenda dicendo che "era stata spazzata via la farneticante accusa di un giudice irresponsabile di Potenza" e invitando il Csm a porre "fine all’azione dissennata di persone che calunniano".
Le frasi non sono piaciute al Pm napoletano che ha presentato denuncia per diffamazione ed oggi ha avuto ragione. Peccato solo che le pene siano troppo lievi per far capire ai parlamentari che il fatto di essere eletti non li autorizza ad insultare a destra e a manca; anzi, la Costituzione imporrebbe loro un comportamento ben diverso, molto più consono al fatto che - piaccia o meno - rappresentano gli italiani.
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