La tesi di Napoli: spinse Tarantini a mentire, il caso rimanga a noi
Il procuratore capo di Napoli, Lepore |
Accade tutto ieri mattina, di fronte al collegio che deve decidere sulla scarcerazione di Tarantini chiesta dai suoi legali Alessandro Diddi, Piergerardo Santoro e Ivan Filippelli. I difensori hanno già incassato la decisione del giudice che trasferisce il fascicolo nella capitale, dunque si concentrano sull'istanza che sollecita il ritorno in libertà del loro assistito. Danno per scontato, come evidenzia Diddi, che non si debba neanche tornare a discutere questo punto, anche tenendo conto che gli atti sono già stati inviati alla Procura di Roma dove i coniugi Tarantini e Lavitola sono già stati indagati per lo stesso reato di estorsione. Puntano soprattutto sul fatto che abbia risposto a ben tre interrogatori, mostrando la massima collaborazione. E invece è proprio da quelle sue dichiarazioni che l'accusa - sostenuta da Vincenzo Piscitelli, Henry John Woodcock e Francesco Greco - fonda il cambio di orientamento. Nei verbali Tarantini afferma infatti che Berlusconi non sapeva che le ragazze reclutate per le sue feste fossero prostitute e soprattutto giura che i soldi ricevuti erano soltanto un prestito per avviare una nuova attività.
Continua ...
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