Omicidi razziali, stragi ispirate all’odio politico, violenze contro minoranze etniche e un governo sempre più autoritario. Nell’Europa della recessione la crisi diventa drammaticamente violenta
Stragi per odio razziale, terrorismo ispirato al nazifascismo, pogrom contro i rom, un governo che arresta esponenti politici avversari e mette sotto tutela i media, ispirandosi ai valori più reazionari del cattolicesimo e del nazionalismo. Tutto questo è avvenuto in Europa nel 2011, tanto nella problematica parte orientale del Vecchio Continente, quanto nelle zone occidentali, anche quelle non toccate dalla crisi. Se nel 1848 lo spettro del comunismo inquietava la borghesia mondiale, a 20 anni dalla caduta dell’Unione Sovietica il ritorno del fascismo sembra una realtà molto più concreta di quanto la fantasia potesse immaginare. Nell’epoche di crisi profonde, radicalizzazione politiche anche tragiche non sono certo novità.
LA DEPRESSIONE FASCISTA ? – Negli anni venti il fascismo, e il movimento gemello nazismo, furono una risposta autoritaria alle inquietudini della borghesia e ai drammi sociali generati dalla fine della prima guerra mondiale e dalla Grande Depressione. Disoccupazione di massa, inflazione alle stelle, ferite nazionali mai rimarginate, la paura, o il vero terrore, dell’ascesa al potere del socialismo rivoluzionario, concretizzatasi in Russia nel 1917. Un quadro così drammatico non è certo paragonabile alla realtà vissuta in questi anni di gravi difficoltà economiche, ma certo gli ultimi mesi sono sicuramente i momenti peggiori vissuti sul Vecchio Continente da molti decenni. Dalle fine delle dittature, prima quelle fasciste di Grecia, Portogallo e Spagna, e poi al crollo del regime comunista, l’Europa ha vissuto una sorta di periodo molto positivo, al netto di qualche contrazione economica significativa. L’euro e l’allargamento a Est della UE erano il coronamento di questo periodo positivo: stabilità economica, pace tra le Nazioni, istituzioni comuni per reggere la difficile sfida della globalizzazione. Da un po’ di anni però l’Unione europea ha smesso di attrarre quel consenso popolare che aveva caratterizzato la sua strutturazione nei decenni post bellici, e sia l’immigrazione di massa che la globalizzazione hanno messo in serio scacco le istituzioni comunitarie, difese da tutti i principali attori politici ma davvero apprezzate da pochi. Nasce da questo disagio l’affermazione delle destre populiste, emerse prima in Francia con l’affermazione del Fronte Nazionale di Le Pen, e poi trionfanti con il modello euroscettico e anti immigrazione introdotto da Blocher in Svizzera e poi diventato quasi egemone nei territori subalpini, dall’Austria di Haider all’Italia di Bossi, ed affermatosi persino nei templi scandinavi del progressismo socialdemocratico e nei tolleranti Paesi Bassi. Da alcuni anni però la crisi economica della Lesser Depression ha esacerbato le tensioni sociali, e si è palesata una torsione neofascista che stupisce per violenza, intensità e anche similitudini riscontrabili nei vari Stati.
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