“L'unica nota positiva di questa giornata amara è che in un pubblico dibattimento tutti si potranno rendere conto della incredibile storia da cui ancora oggi sono costretto a difendermi” ha dichiarato ieri il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, dopo aver appreso che il gip di Roma Napoli Barbara Callari ha disposto il rinvio a giudizio per le intercettazioni telefoniche di alcuni parlamentari disposte, nel 2007, dall’allora pubblico ministero della Procura di Catanzaro senza aver chiesto l’autorizzazione delle Camere. Un’accusa portata avanti dall’ex Guardasigilli Mastella e che è già costata a Gioacchino Genchi le dimissioni forzate dalla polizia, sulla quale, però, si era già espressa la Procura di Salerno con un'archiviazione.
Mentre i giornali della destra esultano, la domanda che dovrebbe sorgere spontanea è come avrebbe mai potuto compiere una ingenuità del genere un qualsiasi magistrato, anche il più sprovveduto: chiedere intercettazioni telefoniche a carico di Romano Prodi (in quel momento Presidente del Consiglio), Beppe Pisanu (Presidente della Commissione antimafia), Clemente Mastella (Ministro della giustizia), oltre a quelle dei parlamentari Minniti, Gozi, Rutelli (Presidente del Copasir, l’organo parlamentare di controllo dei servizi segreti) e Pittelli ad un funzionario di polizia senza prima inoltrare la domanda di autorizzazione alle Camere, sperando di non essere mai scoperto. Ma soprattutto: ammesso che sia stato così ingenuo, cosa ci avrebbe fatto con quelle intercettazioni, visto che, come fonte di prova, sarebbero state considerate inutilizzabili?
La vicenda sembra disegnata benissimo per portare acqua al mulino di tutti coloro (Pigi Battista, Alessandro Sallusti, Maurizio Belpietro, Fabrizio Cicchitto) che, in tutti questi anni, hanno postulato un’oscura trama di potere dei magistrati politicizzati contro la casta parlamentare, soprattutto quella di centro-destra. In uno dei Paesi più corrotti del mondo, i veri attentatori della legalità sono stati Luigi De Magistris e Gioacchino Genchi con i loro marchingegni captativi, mentre l’immacolata casta era intenta a rafforzare e tutelare gli interessi collettivi.
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