Cosa nostra e "Stidda" a braccetto per dividersi i proventi del racket, ma le rivelazioni di alcuni pentiti hanno fatto luce su un'organizzazione radicata nel territorio
GELA (CALTANISSETTA) - Prosegue la lotta alle estorsioni e spira un vento nuovo in Sicilia. La gente collabora, gli imprenditori denunciano e scattano le manette.Provvedimenti sono stati notificati in carcere a Gaetano Azzolina, Fortunato Ferracane, a Massimo Carmelo Billizzi, Ignazio Scollo, Angelo Cavaleri, a Salvatore Nicastro, inteso "turi lignu" detenuto presso la casa circondariale di L'Aquila, a Giuseppe Novembrini, detenuto a Bergamo ed a Francesco Vella detenuto ad Avellino. Le indagini hanno preso spunto dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia gelesi Rosario Trubia inteso "Nino D'Angelo" ed Emanuele Terlati inteso "Pracchia".
Gli accertamenti degli investigatori hanno consentito di chiarire la posizione del commerciante gelese, vittima del "pizzo", dopo che nel maggio del 2005 il suo esercizio commerciale era stato sottoposto a sequestro preventivo. L'uomo finito nel mirino del racket era stato ritenuto in un primo momento un prestanome dei boss Emmanuello.Le dichiarazioni del pentito Trubia hanno permesso però di comprendere che l'imprenditore era una vittima e non un complice dei mafiosi. Lo stesso commerciante, alla fine, ha collaborato con le indagini. L' operazione ha confermato che Cosa nostra e la "Stidda" a Gela convivono pacificamente e si spartiscono i proventi delle estorsioni.
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