Andrea Bonaccorso ha ricostruito agli inquirenti la sua militanza in Cosa nostra. L'uomo è stato uno dei soldati della cosca di Brancaccio, in seguito ha lavorato per i Lo Piccolo
PALERMO - "Sono stato introdotto in Cosa nostra da Andrea Adamo, reggente di Brancaccio che avevo conosciuto tra il 1998 e il 2000 attraverso mio cugino Fabio Scimò". È il racconto reso ai pm di Palermo dal neo-pentito Andrea Bonaccorso, sul suo progressivo avvicinamento a Cosa nostra."Sono stato detenuto tra il 2001 e il 2005 e dopo la mia scarcerazione, attraverso Tonino Lo Nigro, l'Adamo mi aveva fatto contattare e avevo ripreso i miei rapporti con lui - prosegue il collaboratore - poi attraverso Adamo ho cominciato a frequentare anche i Lo Piccolo. All' inizio il rapporto era assolutamente epistolare. In seguito mi hanno voluto conoscere".Ai pm che gli sottopongono un album con le foto di decine indagati per verificare le sue conoscenze tra i fedelissimi dei boss Lo Piccolo, il neo-pentito riferisce di volta in volta i nomi e racconta alcuni episodi relativi alla sua esperienza di "soldato" nella cosca di Brancaccio.A proposito di tale Giuseppe Geraci, da lui definito "reggente di Altarello di Baida", Bonaccorso dice: "Venne subito estromesso non appena si seppe che aveva un parente nelle forze dell'ordine. Di questo fatto Geraci si era lamentato con me, dicendomi che era stato estromesso dalle attività di Cosa nostra e che gli erano state tolte le estorsioni.La sua storia di "affiliato" è durata solo un mese (dal novembre al dicembre 2007, quando fu arrestato), ma la sua partecipazione alla vita del clan Lo Piccolo è certamente più lunga. Bonaccorso sapeva di essere pedinato.E a proposito di Angelo Chianello, da lui definito "il collegamento tra Nino Nuccio e Luigi Bonanno", il pentito dice: "Io Nuccio e Chianello ci incontravamo in un panificio di viale Strasburgo e ricordo che eravamo seguiti da poliziotti in borghese". Al fratello di Bonaccorso, l' 1 febbraio scorso, è stato incendiato il negozio di abbigliamenti in via Imera. Un gesto riconducibile, per gli investigatori, alla decisione dell'ex uomo d'onore di collaborare con la giustizia.Di lui parla anche il pentito Pulizzi. Il collaboratore fu il primo nei mesi scorsi a raccontare che Bonaccorso partecipò all'omicidio del capomafia Nicola Ingarao, assassinato per ordine dei Lo Piccolo nel luglio scorso a Palermo: in particolare, il picciotto di Brancaccio, che dopo essersi pentito ha ammesso la propria partecipazione al delitto, avrebbe guidato la moto utilizzata per l'agguato.In quel momento, non era ancora formalmente uomo d'onore. Così come non lo era quando seguiva da vicino le varie fasi della caccia a Giovanni Nicchi. Bonaccorso racconta che Salvatore Sorrentino, incaricato di raccogliere le estorsioni a Pagliarelli, "era in contatto con Nicchi e per tale motivo era stato incaricato dai Lo Piccolo di rintracciarlo. Anche Sorrentino doveva essere ucciso".Bonaccorso racconta poi che Luigi Bonanno, altro favoreggiatore dei Lo Piccolo, arrestato il 16 gennaio scorso nell'operazione Addio Pizzo, fu contattato per mettersi sulle tracce di Nicchi. "Bonanno - dice il pentito - mi doveva essere presentato per organizzare un traffico di cocaina dall'Olanda. Doveva occuparsi di rintracciare Nicchi al fine di raccogliere le indicazioni per ucciderlo.Giancarlo Seidita, dopo la pubblicazione dei pizzini trovati a Franzese, mi aveva detto che, contrariamente a quello che c'era scritto sui giornali, il crastagneddu o crasticeddu era Nicchi, mentre "Tiramisu" era un ragazzo della Marinella". Bonaccorso è stato arrestato per detenzione di stupefacenti nel dicembre socrso e il 16 gennaio una nuova ordinanza di custodia lo ha raggiunto in carcere nel blitz "Addio Pizzo". Con la stessa operazione è finito in manette Calogero Lo Piccolo, altro figlio del boss Totuccio.
18/02/2008
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