Il meccanismo delle banche che spingevano a stipulare contratti a rischio non riguarda solo il caso denunciato da 'L'espresso'. Ecco altre storie esemplari
La bolla italiana dei derivati rischia di far saltare migliaia di imprese in un anno di crisi economica mondiale. E in una situazione di caos nazionale, con una giustizia divisa e un sistema di controlli che gli esperti continuano a giudicare inadeguato. Le aziende italiane esposte con questi contratti finanziari ad altissimo rischio (vere e proprie scommesse, per lo più sui tassi di cambio o d'interesse) sono ben 29.195 e per due terzi sono piccole o piccolissime. In compenso le loro perdite hanno raggiunto i 4 miliardi e 910 milioni di euro. Secondo gli ultimi dati pubblicati dalla Banca d'Italia (contratti analizzati al giugno 2007) le imprese danneggiate rappresentano tutti i settori, dall'edilizia ai servizi, tutte le regioni, dal Nord-Est alla Puglia, e tutti gli ordini di grandezza. La casistica va dalle oltre 6 mila imprese individuali o familiari con meno di un milione di affidamento bancario, fino alle 9.745 grandi aziende con migliaia di fornitori e dipendenti. "Tra i clienti che abbiamo assistito c'è l'industriale del marmo accanto al negoziante di elettronica, il piccolo produttore di scarpe accanto all'istituto di suore", spiega Nicola Benini, fondatore della Ifa Consulting, la società di Verona che ha assistito centinaia di danneggiati. "Proprio l'eterogeneità dei settori colpiti è la prima anomalia. È il segno più evidente che c'è stata una massiccia campagna di distribuzione di derivati, non focalizzati sulle specifiche esigenze di copertura del rischio del singolo cliente della banca. Senza contare che le perdite sono raddoppiate anche quando i tassi sono andati in controtendenza. E allora che copertura era?".Spostandosi dal Nord-est a Milano, la capitale degli affari, il discorso non cambia. "Ho assistito personalmente non meno di cento aziende di ogni ramo e dimensione", testimonia Paolo Chiaia, amministratore delegato di Calipso, un'altra importante società di consulenza del gruppo Finnat: "Tra le anomalie più diffuse, abbiamo riscontrato gli altissimi margini d'intermediazione riconosciuti alle banche, molto spesso cumulati con meccanismi di rinegoziazione dei contratti che hanno un effetto di sabbie mobili, cioè spingono i clienti sempre più in basso. Ma non mancano casi di contratti con date errate o false e perfino con firme disconosciute dai clienti. Oggi i maggiori istituti tendono ad accettare soluzioni conciliative, che evitano i processi: nella nostra esperienza, la tendenza è per una salomonica ripartizione delle perdite, 50-50, tra banca e cliente".
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