L’ultima sconcertante frontiera delle neuroscienze emerge dalle pagine del mensile americano Wired, che riprende lo studio di un gruppo di ricercatori del Max Planck. Uno scanner cerebrale sarebbe in grado di prevedere le nostre decisioni sette secondi prima che noi stessi ce ne rendiamo conto. Non sappiamo se premere il pulsante dell’ascensore col pollice destro o col sinistro? Siamo incerti tra due detersivi che lavano più bianco? O tra due fidanzate ugualmente carine, o tra due simboli sulla scheda elettorale? La sonda elettronica scava nelle nostre sinapsi e svela cosa stiamo tramando a livello inconscio, i meccanismi mentali che si stanno attivando per farci propendere a favore di un’alternativa rispetto a un’altra.
Scordatevi le intercettazioni telefoniche, quella ormai è preistoria: siamo entrati nell’era delle intercettazioni mentali. A essere catturate dagli spioni dell’etere non sono tanto le onde elettromagnetiche dei cellulari, quanto quelle ben più sottili e impalpabili emesse dai nostri neuroni. Politici, poliziotti, mogli e mariti gelosi saranno in grado non solo di origliare le nostre telefonate, ma di leggerci nel pensiero sette secondi prima che componiamo il numero del segreto interlocutore, o che decidiamo di dare l’appalto della tangenziale a un altro partito. Comprensibilmente, i più interessati a questa scoperta sono i sondaggisti, che anche in quest’ultima tornata elettorale non hanno saputo applicare la regola del teorico del caos Edward Lorenz (morto il 16 aprile): «Un battito d’ala a San Donà di Piave scatena uno tsunami a Montecitorio». Dopo l’ennesimo fiasco degli «exit poll», ora qualcuno pensa di passare a più sofisticati e attendibili «entry poll»: basta uno scanner all’entrata di un certo numero di seggi campione, che illumini le aree del cervello preposte al voto (ammesso che stiano proprio lassù e non giù nelle anse intestinali), e sette secondi prima della fatidica croce sulla scheda i vari Piepoli, Mannheimer e Pagnoncelli avrebbero in pugno le reali scelte degli elettori, senza "forchette" né margini di errore.
Ma la ricerca dei neuro- scienziati apre la via anche ad altre promettenti applicazioni. Un miniscanner nello spioncino della porta consentirebbe di prevedere le reali intenzioni del vicino prima di farlo entrare. Magari sette secondi non bastano a impedirgli di usare quelle taniche di gasolio, o quel coltello da cucina, ma intanto possiamo mettere la catena all’uscio. E i naziskin tirolesi che malmenano gli italiani? Si potrebbe cercare di fermarli in extremis. Lì il problema è che manca la materia prima: non c’è nessun cervello da scannerizzare.
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