Sospese le forniture petrolifere e minacciate altre sanzioni
BRUXELLES — Alla fine, il colonnello ha chiuso gli uffici della Nestlé a Tripoli, ha chiuso in gattabuia due dirigenti dal passaporto elvetico (ospitati in cella con una ventina di detenuti comuni), e ha chiuso anche il resto che più conta, cioè i rubinetti e — forse — i portafogli: minaccia di ritiro dei fondi libici dalle banche elvetiche, e da subito niente più petrolio libico alla Svizzera, almeno fino a quando non «chiederà scusa» per l'arresto di Hannibal. E' l'ultimo atto della crisi diplomatica apertasi fra Tripoli e Berna: e al centro c'è proprio lui, Hannibal Gheddafi, 32 anni, figlio più giovane del leader della «Gran Jamahiria Araba Libica Popolare Socialista», bloccato per quasi due giorni a Ginevra insieme con la moglie in stato di avanzata gravidanza, sotto l'accusa di aver minacciato e percosso due suoi domestici nell'albergo di lusso dove aveva preso alloggio. Un arresto considerato da Tripoli «un crimine orribile», tanto da essere punito con quelle che i diplomatici svizzeri definiscono «preoccupanti misure di ritorsione». Forse anche perché Hannibal è «consigliere» della compagnia marittima che ha il monopolio quasi totale dei trasporti petroliferi nel suo Paese: ora le navi-cisterna già cariche sono state bloccate nei porti libici, e diverse navi svizzere in arrivo verrebbero tenute al largo, prive dell'autorizzazione all'approdo e al carico. Non un embargo ufficiale, ma fa certamente sentire i suoi effetti. Non solo: se non arriveranno le scuse ufficiali della Svizzera, la Libia preannuncia già imprecisate «nuove misure».
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