L’aborto per i casi di gravidanza interrazziali, Ted Kennedy pedinato, l’avallo di Reagan per azzerare l’inchiesta sul Watergate, l’intolleranza per il tennis di Spiro Agnew e il disprezzo verso gli ebrei, senza contare la determinazione ad avere «belle donne» nelle liste elettorali ed a «decapitare Van Thieu» se avesse rifiutato l’accordo-suicida per il Vietnam del Sud: è questo il Richard Nixon che esce da 150 ore di nastri a 30 mila pagine di documenti inediti declassificati dalla Biblioteca presidenziale di Yorba Linda, in California, con una decisione destinata ad arricchire di dettagli il controverso profilo del «comandante in capo» meno amato dagli americani. Il 23 gennaio 1973 è il giorno nel quale la Corte Suprema emette la sentenza sul caso «Roe contro Wade» contro le leggi che criminalizzano l’interruzione della gravidanza.
Nixon è nello Studio Ovale quando lo viene a sapere, decide di non rilasciare dichiarazioni ma i commenti personali ne svelano il pensiero: ritiene che «più aborti» porteranno a «eccessi di permissività» e a «danni per la famiglia» ma riesce comunque a vedere un aspetto positivo nella sentenza «perché in alcuni casi è necessario» come «quando c’è una gravidanza frutto dell’unione fra bianchi e neri o quando c’è una violenza carnale». L’equiparazione fra figli birazziali e stupri svela un’intolleranza verso gli afroamericani che sembra archeologia nella nazione che ha eletto Barack Obama alla Casa Bianca ma i documenti aggiungono dettagli anche sull’intolleranza di Nixon nei confronti di un’altra minoranza: gli ebrei. Nel febbraio 1973 il presidente parla al telefono con Billy Graham, il leader più carismatico degli evangelici che si lamenta per l’«opposizione degli ebrei alla crociata della fede dei campus». Commenta Nixon: «C’è molto antisemitismo e questo continuerà a rafforzarlo». Graham annuisce e Nixon aggiunge: «Gli ebrei desiderano la morte, è un problema che hanno da secoli».
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