L’intestazione: riscontro a richiesta di informativa Il testo consegnato a tutti i prelati tre mesi fa
MILANO — Il suo anonimo estensore, chiunque sia, l’ha intitolato «Riscontro a richiesta di informativa di Sua Eccellenza»: e la prima osservazione, in effetti, è che nessun atto giudiziario tecnicamente definibile come tale porterebbe mai una intestazione del genere. Fatto sta che la famosa «nota» di cui tutta Italia sta parlando da tre giorni è questa qui: un foglio con 30 righe dattiloscritte in cui figurano espressioni tipo «prefato», «attenzionato», nonché un discreto «sconcie» con la «i» a descrizione delle telefonate che sarebbero valse a Dino Boffo, direttore dell’ Avvenire , quei 516 euro di ammenda patteggiati nel 2004 davanti al tribunale di Terni.
La prima notizia di cui si è avuta definitiva conferma ieri è che quel foglio, appunto, non è un atto giudiziario bensì una lettera anonima. La seconda è che si tratta dello stesso foglio che praticamente tutti i vescovi d’Italia avevano ricevuto per posta, insieme con la fotocopia assai più stringata dell’effettivo decreto di patteggiamento, addirittura tre mesi fa: e che tutti quanti, a suo tempo, avevano buttato nel cestino.
A questo proposito può valere per tutte la dichiarazione rilasciata sabato da monsignor Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze a sua volta citato nel foglio in questione: «Quanto ai fogli anonimi che circolano in questi giorni, assurti al rango di 'informativa', li ho sempre ritenuti degni del cestino della spazzatura, quella spazzatura da cui provengono e devono tornare». Riassumiamo.
Siamo a fine maggio. Anche se il caso «Berlusconi-Noemi», in quel periodo, si è già trasformato ormai da settimane nell ’assai più ampio caso «Berlusconi+altre» lo scontro con Avvenire sulla morale del premier è ancora ben al di là da venire: gli interventi del direttore Dino Boffo sull’argomento, infatti, prendono il via solo il mese scorso. Eppure è già allora, tre mesi fa appunto, che sulle scrivanie delle curie italiane arrivano due fogli A4 spillati insieme e spediti da non si sa chi.
Uno è la fotocopia di un vero certificato del casellario giudiziale di Terni (GUARDA) . Vi si leggono solo gli estremi di un decreto penale che il 9 agosto 2004 condannava Dino Boffo alla «ammenda di 516 euro» per il «reato di molestia alle persone commesso in Terni nel gennaio 2002»: nessun dettaglio ulteriore.
Il secondo foglio (GUARDA) è quello di cui si diceva in principio. Chi lo scrive non lo intesta né a un giudice né a un pm, ma appunto a una fantomatica «Eccellenza » che gliene avrebbe fatto «richiesta »: ora è vero che questo è il titolo dei vescovi ma è anche quello, per esempio, dei prefetti. E il linguaggio del documento non assomiglia per niente a chi si intende di cose di Chiesa.
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