L'indagine, condotta dai pm Ingroia e Di Matteo, è nata dagli atti del processo contro Massimo Ciancimino. Coinvolti anche Gianni Lapis, Saverio Romano e Carlo Vizzini
PALERMO. Non bastava la condanna a sette anni per favoreggiamento a Cosa nostra e rivelazione di segreto istruttorio, non bastava neppure il processo-bis per concorso esterno in associazione mafiosa previsto per il mese prossimo. Per Totò Cuffaro è in arrivo anche una terza inchiesta in cui viene accusato di corruzione, aggravata di nuovo dal favoreggiamento a Cosa nostra.
L’ex presidente della Regione, stavolta è indagato insieme a Massimo Ciancimino, al tributarista Gianni Lapis, a Saverio Romano e Carlo Vizzini. Tra gli indagati c’era anche l’ex assessore regionale al Bilancio, Salvatore Cintola, morto nei mesi scorsi. L’indagine è nata dagli atti del processo contro Massimo Ciancimino. I pm Nino Di Matteo e Francesco Del Bene, infatti, si basano sulle dichiarazioni del figlio dell’ex sindaco, ma anche su carte e filmati. Insieme alle prime due fughe di notizie da parte di Cuffaro in favore del boss di Brancaccio, Giuseppe Guttadauro e dell’imprenditore Michele Aiello, ce ne sarebbe una terza del luglio 2003, che riguarda l’ex presidente del Consiglio comunale di Villabate, il pentito Francesco Campanella.
L’ipotesi, secondo i pm Antonio Ingroia e Di Matteo, è che i politici abbiano ricevuto somme tra il milione e i cento mila euro in cambio dell’appoggio dato dagli indafati per far ottenere alla società Gasdotti, le concessioni della metanizzazione. Vito Ciancimino, inoltre, era socio occulto della Gas. Gli imputati respingono le accuse. Vizzini ha consegnato dei documenti bancari che proverebbero che avrebbe ricevuto solo la restituzione di un investimento effettuato grazie a Lapis; mentre Cuffaro e Romano hanno dichiarato di non aver mai visto i Ciancimino.
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