Roma «Si vince a sinistra», dice Nichi Vendola. E spiega a nuora Sel, perché suocera Bersani intenda, quale deve essere l’agenda del nuovo «centrosinistra da rifondare»: abolizione della legge Biagi («Non può essere un tabù: lo dico a Pd e Idv, dobbiamo tradurre politicamente la critica al modello di precarizzazione»); aumento della tassazione sulle rendite e aumento della tassazione sui redditi alti perché ora «si preleva tutto dai ceti medio bassi e nulla dai ricchi»; reddito di cittadinanza («Ormai solo la Grecia non lo applica, in Europa, e non mi pare l’esempio da seguire», sottolinea Franco Giordano).
Vendola parla a Roma, all’assemblea nazionale del suo partito, e battibecca con Pierluigi Bersani che si trova in quel di Genova a chiudere l’assemblea nazionale del suo partito sul tema del lavoro. I due sembrano «già in campagna elettorale per le primarie», come sottolineano da Sel, dove si fa il tifo per una consultazione sulla leadership che avvenga prima possibile: il prossimo autunno, è la speranza di Nichi, che punta a capitalizzare il più possibile il movimentismo referendario e internettiano proponendosi come suo referente in politica, e a condizionare da sinistra la preparazione del programma di governo della futura coalizione.
Un po’ come Bertinotti nella stagione di Romano Prodi, quando era Rifondazione a dettare la linea al Professore usando il proprio potere di veto sul governo. In casa Pd i riformisti tremano: «Ci ricordiamo bene cosa succedeva a quel tempo, quando Prodi giurava che avrebbe tenuto duro e poi finiva sempre per cedere e mettersi d’accordo con Rifondazione». Certo, Vendola partiva da un progetto molto più ambizioso: quello di lanciare un’Opa sull’intero Pd aggiudicandosi la guida del centrosinistra nelle primarie (un po’ come Pisapia a Milano) contro un leader debole e strattonato dalle correnti del suo partito come Bersani. Ora però la convinzione di poter vincere a man bassa si è molto indebolita, mentre la leadership di Bersani si è assai rafforzata dopo la vittoria nelle amministrative e nei referendum. E Sinistra e libertà può anche rivendicare che a vincere nei luoghi simbolo, Milano prima di tutto ma anche Cagliari o Napoli, non sono certo stati gli uomini scelti dal Pd; e che i referendum il Pd li ha boicottati per mesi prima di saltare al volo sul carro per motivi squisitamente politici. Quel che conta in politica è il risultato finale, non come ci si è arrivati: e Bersani è abilmente riuscito a uscire da entrambe le consultazioni con l’immagine del vincitore, che ha messo il principale partito del centrosinistra a disposizione del «vento che cambia», assecondandolo. Continua ...
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