ROMA - Il Gup di Catanzaro ha sbagliato ad archiviare gli imputati dell'inchiesta Why not: questo il risultato della sentenza della Cassazione chiamata a valutare la decisione di quell'inchiesta portata avanti dall'allora Pm di Catanzaro Luigi De Magistris. Poi gli venne avocata per "incompatibilità ambientale" dal Procuratore generale di Catanzaro - rinviato a giudizio per questo motivo a Salerno - che la passò ad un altro Pm, il quale in sostanza smise di indagare per oltre un anno. Quando poi portò la pratica al Gup, nessuno era in grado di valutare lo stato degli atti. Quindi su 150 indagati, ne furono rinviati a giudizio solo 34, mentre altri 8 chiesero il patteggiamento o il rito abbreviato. Ma l'inchiesta è nota soprattutto perchè, nei rapporti illeciti tra imprenditori locali, 'ndrangheta e persone delle istituzioni, ci finirono anche diversi deputati del Pd e Clemente Mastella, allora Ministro della Giustizia. E venne iscritto nel registro degli indagati anche l'allora Presidente del Consiglio Ropmano Prodi, poi risultato estraneo (si trattò di un accertamento tecnico che richiedeva quel passaggio).
Ma quel processo segno anche l'inizio di una campagna diffamatoria incentrata contro due persone: Luigi De Magistris, che poi venne accusato di aver speso 9 milioni in intercettazioni (nel fascicolo non ce n'è neanche una) e pesantemente colpito dal Csm, che lo inibì dall'esercitare ruoli inquirenti (praticamente non poteva fare più il Pm). La seconda "vittima" fu Gioacchino Genchi, il poliziotto e consulente tecnico, esperto nell'esaminare i tabulati telefonici. Nel suo caso, la campagna diffamatoria lo portò prima ad essere indagato dal Pm Achille Toro (quello che poi si è dovuto dimettere quando si è scoperto il suo coinvolgimento nella cosiddetta P3), che gli sequestrò anche tutto il materiale su cui lavorava; poi ad essere cacciato dalla Polizia, con la scusa che era andato prima in TV ad Annozero e poi al congresso dell'Idv. Adesso chi li risarcirà, visto che la Cassazione ha detto che avevano ragione?
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