Slasch16 per Informare per Resistere.
Una volta ho detto a mia moglie: qualsiasi cosa succeda, o succederà tra di noi, nessuno potrà portarmi via i 40 anni passati insieme.
Sarà un problema del dopo, ma il vissuto non potrà essere cancellato.
Ho fatto questa premessa per evitare che qualcuno prenda per nostalgia quello di cui andrò a scrivere, le lotte operaie e le conquiste degli anni che vanno dal 1968 al 1977.
Non è un problema di nostalgia è un problema di reazione e di protesta contro il potere e lo Stato di polizia che ancora oggi è in vigore.
Erano tempi in cui la coscienza collettiva, la lotta di classe, la battaglia contro i soprusi di quelli che allora erano i padroni ed oggi è la globalizzazione ed il dominio della finanza parassita alla quale il potere politico, in modo particolare delle destra, si è piegato supino ai voleri dell’economia parassita, delle banche e dei grandi finanziatori parassiti.
A noi dava fastidio, allora, che certi politici si inchinassero davanti al Papa e gli baciassero la mano. Lo vedevamo come un segno di sottomissione sul piano della libertà, dell’etica, e della morale. Il Papa dettava la line sulla famiglia, la sessualità, l’aborto, tutte battaglie civili di libertà che nascondevano l’oppressione del proletariato, il concetto che chi fosse sfortunato e quindi in miseria dovesse comunque accettarlo come un dono di Dio.
Per chi ha frequentato la chiesa, studiato dai preti come me, veniva da una famiglia cattolica la frase più ripetuta e sentita era sempre la stessa: beati gli ultimi perchè saranno i primi nel regno dei cieli.
Praticamente l’elogio dello sfigato ed un presa per il culo.
Ed è per questo che a 11 anni ho smesso di credere al regno dei cieli e mi sono dedicato alla vita reale.
Pur venendo da una famiglia che oggi si chiamerebbe borghese ho sposato, prima istintivamente, poi sempre più convinto la causa degli ultimi ed ho notato che gli ultimi erano sempre gli stessi, le stesse famiglie, la stessa classe di proletari.
Quelli destinati all’inferno, i ricchi, gozzovigliavano e si arricchivano sulle spalle degli ultimi ma andavano a messa tutte le domeniche per garantirsi il regno dei cieli. Essendo abituati a prendere, pretendere, comprare tutto quello che serviva ai loro agi ed ai loro privilegi tentavano di comprarsi la villa anche nel regno dei cieli, esibendo offerte corpose proporzionate al loro amore per Dio al punto che i migliori venivano citati dal prete coem benemeriti della chiesa.
Una ulteriore umiliazione per gli ultimi, poveri ma devoti, che non avevano offerte da esibire.
Comunque avrebbero potuto contare sul fatto che dopo, nel regno dei cieli, sarebbero stati i primi ed avrebbero avuto, finalmente, la rivalsa contro chi si è approfittato ed arricchito con la loro vita da miserabili.
Ma questo è un discorso filosofico che al momento non mi interessa, è marginale.
Mi chiedo come mai in un momento economico in cui i poveri sono tartassati più che mai dalla politica, dai tecnici, dai professori, dalla globalizzazione e dai quei parassiti, nel caso nostro dell’Italia al quel 10% di italiani che posseggono il 50% della ricchezza nazionale, che decidono quanti panini possiamo mangiare al giorno e chi avrà un lavoro e chi no.
La logica è la stessa del caporalato contro il quale si è battuto per tutta la vita Giuseppe Di Vittorio, il più grande sindacalista che l’Italia abbia mai avuto.
Il mondo è diventato una grande piazza come quella di Cerignola negli anni di Di Vittorio dove i disoccupati si riunivano alle 2 del mattino in attesa che il caporale o un padrone venisse a fare la chiamata, a sceglier chi avrebbe lavorato quel giorno e chi no in base alle loro esigenze.
Verso le 5 si sapeva già chi avrebbe potuto dare da mangiare alla sua famiglia e chi si sarebbe dedicato alla raccolta di erbe selvatiche per fare un minestra.
Da queste lotte in campagna, dallo sfruttamento nelle fabbriche, è nato il sindacato, il movimento operaio al quale nei decenni si è unito il movimento studentesco, con qualche incomprensione, ma guidato da grandissimi intellettuali ha saputo conquistare una forza ed una unità che ci ha portati alle conquiste degli anni 70.
Ci sono voluti decenni, le lotte sono costate lacrime e sangue, ci sono stati dei martiri come a Reggio Emilia, la polizia sparava sui manifestanti ed è stata dura, durissima.
Ovvio che io non abbia partecipato a tutte le battaglie ma ero informato e dal 1972 in poi ho cercato di fare la mia parte.
La cosa più bella di quegli anni, che nessuno potrà portarmi via, nemmeno i revisionisti alla Pansa, per il semplice fatto che li ho vissuti sulla mia pelle, e li ha pagati anche la mia famiglia, nel 1972 aveva già un figlio e la moglie a carico in quanto era stata licenziata proprio perchè diventata madre. Poco prima che entrasse in vigore lo Statuto dei lavoratori, altra memorabile conquista, che avrebbe garantito la maternità. L’avrò ripetuto mille volte, sino all’esaurimento del lettore.
CONTINUA ...Tratto da: Credo di aver capito perchè, nonostante siamo alla rovina, le piazze sono vuote, nessuno protesta, l’indignazione da reale è diventata virtuale. | Informare per Resistere http://www.informarexresistere.fr/2012/01/14/credo-di-aver-capito-perche-nonostante-siamo-alla-rovina-le-piazze-sono-vuote-nessuno-protesta-l%e2%80%99indignazione-da-reale-e-diventata-virtuale/#ixzz1jVsAjUNz
- Nel tempo dell'inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario!
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