martedì 31 gennaio 2012

Il cortocircuito di una sinistra senza anima


Il cortocircuito di una sinistra senza anima
ROMA - Mettiamo in fila un po’ di fatti. Autorevoli e seguitissimi guru della libera informazione italiota affermano che le infiltrazioni mafiose nei movimenti “popolari” di rivolta sono un fatto marginale, secondario, ininfluente.
Il ripetersi ciclico della storia. E uno. Contemporaneamente il giornale partito La Repubblica per voce del suo fondatore (quel nonnetto barbuto al secolo Eugenio Scalfari che è poco nonno e molto grande manovratore) ha annunciato l’avvento del nuovo paradiso europeista bancario incarnato da Mario Monti e dalla sua allegra squadra di ministri. E due.

Il Pdl è tutt’altro che in difficoltà e anzi essere sfilato da responsabilità dirette di governo lo rafforza, consente agli indomiti berluscones una tregua insperata utilissima a riorganizzare il partito inesistente, tagliare i rami secchi, mettere in sicurezza il forziere (Berlusconi) e prepararsi alla prossima campagna elettorale. E tre. Il Pd, a partire dallo squallido spettacolo delle primarie “inesistenti” per le elezioni amministrative a Palermo, ormai è in affanno. Ma affanno vero. Costretto a sostenere l’insostenibile sta letteralmente sacrificando il proprio peso elettorale sull’altare della stabilità e di un improbabile imbarco dei bocconiani di Monti come da diktat del giornale partito e auspicio imperativo di Napolitano. E quattro. Sel e Idv sperimentano matrimoni improbabili, che daranno figli sterili, per tentare di costringere il Pd a rinsavire senza rendersi conto che i democrat da caminetto hanno già fatto la loro scelta di campo e non è neanche centrista. È peggio, è altro.
È l’Aspen Institute e i poteri che salottieri lì si incontrano per fottere quel poco di economia reale che rimane in questo paese. E cinque. Le liberalizzazioni, presunta cura per ogni male dell’italica economia clientelista, sono nate zoppe, monche e dopo squallido scambio fra potentati e consorterie dichiarate e non. E sei. La CGIL sta lì a fare l’ultimo giapponese sull’isola deserta e a cercare di resistere alla bufera che ha spazzato via anche il residuo di un’ipotesi di sinistra. Non solo la Fiom di Landini, ma la CGIL tutta, e con tutte le possibili difficoltà che possono materializzarsi in uno spurio rapporto con i partiti (Pd e Sel) che sembra essere più nevrotico che costruttivo, più patologico che progettuale. E sette. La Lega con Grillo e Forza Nuova giocano a versare benzina sul fuoco alternandosi nel cavalcare pericolosamente ribellismo e egoismo, paure e disperazione. Non mi stupirebbe più di tanto la nascita di un cartello elettorale (simbolo un forcone nel sedere di un orrido immigrato?). Ormai non mi stupirei più di nulla. E otto. Forconi e TIR e una folla di popolo disperata hanno messo a ferro e fuoco la Sicilia sotto lo sguardo benevolo di Raffaele Lombardo, Micciché, la mafia e chi, in pratica, ha retto e gestito il sistema clientelare isolano. Poi si è cercato un asse nella penisola e con i tassisti ma con minore successo. Permettetemi, la più rancida “primavera” che ci si potesse aspettare ma anche un ottimo banco di prova per sperimentare livelli di tensione e di contrattazione futuri far poteri legali, paralegali e illegali punto. Il livello repressivo delle forze dell’ordine, in Sicilia in particolare, è stato risibile. Ben altro dal blitz anni Settanta offerto ai media assatanati di sangue contro i noTav. E nove. E l’Europa (eurozona e non) ormai sembra una maionese impazzita. A sintesi un’unità presunta sia sul piano politico che su quello economico e finanziario. Ogni ricetta sembra fallire. E ogni fallimento aumenta il livello di povertà e disperazione. Una disperazione che in italia rischia da un momento all’altro di trasformarsi in rivolta. Ma non rivolta morale e politica, non popolo che si ribella contro un potere e un sistema che lo opprime e lo affama. Una rivolta suicida e autolesionista, di poveri contro poveri, di vicini di casa contro vicini di casa. Il trionfo della pagnotta e dell’egoismo. E dieci.

Un cortocircuito. Ecco cos'è descritto. Un cortocircuito paradossale. Che ci dovrebbe costringere a riflettere, a darci forma e voce, a mantenerci vigili per poter salvare almeno qualcosa di questo paese. E qui, permettetemi, un giudizio politico. Le colpe, e colpe enormi sono, apoartengono in gran parte a una sinistra che ha perso anima e voce, etica e popolo, idea e sogno. E si è ritagliata questo siparietto di dirigenti rampanti, polemisti della domenica, assessori assatanati, vecchi inamovibili e giovani di un arrivismo sublime accomunati da un’idea della cosa pubblica e del pubblico interesse ridotta a marketing sventrando ogni traccia di utopia.

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