ROMA - A palazzo Chigi l'allarme rosso è scattato di primo mattino, alla lettura dei giornali. Quando si è capito che, per coprire politicamente l'uscita di Bossi, la Lega si stava spingendo troppo oltre. Fino a mettere in dubbio, nell'intervista di Calderoli a Repubblica, tutte le missioni all'estero dell'Italia. Così il premier da Arcore si è messo subito in contatto con il ministro degli Esteri, in partenza per Bruxelles. "Con Bossi ci parlo io - ha annunciato Berlusconi a Frattini - ma va dato immediatamente un segnale agli americani, a Obama". Già, perché la dichiarazione estemporanea di Bossi alla serata di miss Padania, quella richiesta di far tornare "a casa" tutti i soldati italiani, cozzava in maniera troppo vistosa con quanto promesso dal premier ad Obama nel delicato (e sudato) incontro di metà giugno a Washington. E già allora il Carroccio, ricordano oggi con fastidio gli uomini di Berlusconi, si era messo di traverso rispetto all'idea di "ospitare" in Italia alcuni reclusi di Guantanamo, garanzia data da Berlusconi alla Casa Bianca. Ora, prospettare addirittura un ritiro unilaterale da Kabul a un mese dalle elezioni, mentre gli Usa hanno chiesto all'Italia un aumento del contingente fino a 700 unità, è sembrato davvero troppo. Da qui l'ordine impartito da Berlusconi al ministro Frattini di correre subito ai ripari per non "irritare" l'alleato.
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http://www.repubblica.it/2009/07/sezioni/esteri/afghanistan-16/retroscena-28lug/retroscena-28lug.html
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