Dopo i sindacati, anche Confindustria ha osservato che già ora i salari ufficiali sono differenziati per ambito territoriale, anche dopo l'abolizione delle gabbie salariali: perché le aziende più grandi, dove i salari sono in media più alti, sono più diffuse al Nord e perché qui è anche più diffusa la contrattazione aziendale. Viceversa, aggiungo io, al Sud è più diffusa, soprattutto nelle piccole aziende, la pratica di distinguere tra busta paga ufficiale e salario effettivo, con il secondo più o meno sostanziosamente più basso del primo. Fosse solo per questi motivi, non si capisce la ragione per cui il presidente del Consiglio si accoda a Bossi nell'auspicare la reintroduzione delle gabbie salariali, proprio nel momento in cui si autonomina a capo della riedizione della Cassa per il mezzogiorno. Ma ci sono altri motivi, oltre a quelli di uno stato davvero liberale che non fissa per legge i limiti salariali e i loro confini geografici, che devono indurre a respingere ogni velleità di re-introduzione di salari territoriali. Il primo motivo è che le differenze del costo della vita non riguardano solo le grandi ripartizioni territoriali. Altrettanto grandi sono le differenze tra aree metropolitane, grandi città e piccoli comuni. Ad esempio, secondo i calcoli dell'Istat, lo stesso paniere di beni essenziali costa circa 195 euro in più al mese in un'area metropolitana del Nord rispetto a una del Sud e isole, ma anche 76 euro in più rispetto a un piccolo comune sempre del Nord. Per motivi di coerenza, occorrerebbe quindi differenziare i salari anche all'interno di ciascuna area territoriale. Il secondo motivo, più importante, è che non basta tenere conto del costo della vita misurato sui consumi quotidiani e abitativi per comparare il valore dei salari nelle varie zone del paese. Occorre tenere conto di almeno due altri elementi. Il primo è la quantità e la qualità dei beni pubblici disponibili nei vari territori: scuola, sanità, infrastrutture, trasporti, sicurezza, efficienza della pubblica amministrazione e così via. Anche questi, infatti, entrano nella valutazione del benessere dei singoli e delle famiglie, integrando le economie famigliari o viceversa, quando sono assenti o di cattiva qualità, rappresentando un costo aggiuntivo.
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http://www.repubblica.it/2009/08/sezioni/economia/tremonti-banca-mezzogionro/giocano-con-i-salari/giocano-con-i-salari.html
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