Si è riacceso in questi giorni che coincidono con la grande vacanza nazionale di agosto l'antico dibattito tra guelfi e ghibellini, vecchio ormai di otto secoli. Vecchio ma sempre latente e attuale. Il dibattito riguarda il rapporto teorico tra la Chiesa e lo Stato democratico e quello più concreto tra il Vaticano di papa Ratzinger e il governo di Silvio Berlusconi. Non ci sono molte novità da segnalare per quanto riguarda il rapporto teorico tra lo Stato e la Chiesa: si tratta di due entità che agiscono su terreni ben distinti e che come tali si riconoscono. Lo Stato democratico è laico per definizione e come tale riconosce alla Chiesa (anzi a tutte le Chiese e alle associazioni di qualunque genere) il diritto di usare lo spazio pubblico per diffondere le loro dottrine e tutelare i loro legittimi interessi. La Chiesa a sua volta riconosce la laicità dello Stato con una sorta però di nota aggiuntiva che si concentra su un solo aggettivo: laicità purché sia buona. Se non è buona, la Chiesa di papa Ratzinger si riserva il diritto-dovere di emendarla raccomandando ai suoi fedeli nonché ai politici cattolici di sostenere e tradurre in norme di legge l'emendamento da lei sostenuto. Questa è la novità e non è da poco. Si tratta di una novità tipicamente italiana che si spiega con il fatto che l'Italia è considerata dalla Chiesa come il giardino del Papa, luogo privilegiato dove il Vaticano si permette interventi, pressioni, forzature che in altre democrazie dell'Occidente cristiano sarebbero impensabili, non avrebbero alcuna risonanza e cadrebbero nell'indifferenza generale. Ma a questa eccezionalità del caso italiano siamo purtroppo abituati anche se noi "ghibellini" continuiamo a protestarne il carattere democraticamente abusivo.
Continua ...
http://www.repubblica.it/2009/03/sezioni/politica/scalfari-editoriali/chiesa-stato/chiesa-stato.html
Nessun commento:
Posta un commento