Roma, 11 gen. (Adnkronos) - Conto alla rovescia per l'attesa decisione della Corte costituzionale sull'ammissibilità dei referendum abrogativi della legge elettorale. In mattinata la Consulta si è riunita in camera di consiglio: i 15 giudici decideranno dei quesiti firmati da 1,2 milioni di cittadini per l'abrogazione dell'attuale legge. In attesa di sciogliere il verdetto, tra suspence e fiaccolate dei promotori del referendum, tra le forze politiche si registra un generale accordo sulla necessità di mandare in soffitta il 'Porcellum', disinnescando la miccia di altre polemiche.
Gli occhi sono puntati dunque su Piazza del Quirinale. I giudici della Consulta dovranno valutare anzitutto se la richiesta referendaria è ammissibile o meno. Vanno verificate le condizioni di chiarezza, omogeneità o non contradditorietà dei quesiti e anche la matrice unitaria della richiesta. Il giudizio, come da prassi, avviene in camera di consiglio. Prima di iniziare, gli avvocati dei comitati promotori tengono le loro conclusioni sostenendo l'ammissibilità dei referendum e ribadendo le memorie già presentate alla Corte. Dopo queste esposizioni, si allontanano dalla camera di consiglio e i 15 giudici decidono con un 'si' o un 'no' sull'ammissibilità della richiesta.
Il verdetto potrebbe arrivare oggi stesso o al massimo slittare a giovedì mattina. La Corte decide con sentenza da pubblicarsi entro il 10 febbraio, in base alla legge 25 maggio 1970, n. 352.
Nei giorni scorsi sono trapelate alcune indiscrezioni sugli umori che aleggerebbero tra i giudici costituzionali. Ci sarebbe il rischio di una bocciatura del referendum elettorale per il timore che si crei un vuoto normativo se passassero i quesiti. Il punto è che abrogare una legge elettorale non comporta l'automatica reintroduzione del precedente sistema in uso, ovvero il Mattarellum. Il principio della 'riviviscenza' per dirla con Pierluigi Mantini, responsabile Riforme dell'Udc. La Consulta, 24 ore dopo, ha smentito le voci sui dubbi dei giudici costituzionali. "Fantasiose illazioni". Tuttavia, resta l'inquietudine tra i promotori del referendum. Arturo Parisi lo sottolinea così: "Anche a causa del ritardo della smentita, non è facile tuttavia dissipare l'idea sull'esito e ancor più sulla motivazione politica di una sentenza scritta prima del suo tempo". La motivazione 'politica' di cui parla Parisi sarebbe il pressing di Pdl, Pd e Udc per togliere di mezzo il referendum, che sostiene un sistema maggioritario, per andare a un riforma in senso proporzionale della legge elettorale.
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