Nella lista dei servitori dello Stato che, in epoche diverse, sono stati impegnati nella lotta alla mafia, spiccano due personalità le quali, ciascuna a suo modo, hanno esercitato il mandato ricevuto fra polemiche e grandi clamori: il prefetto Cesare Mori e il colonnello Mario Mori, già vice-comandante dei Ros. A ben vedere, si tratta solo di una casualità, di un’illustre omonimia. I due funzionari, per altro, hanno operato in contesti politici e storici molto diversi, a distanza di 70 anni l’uno dall’altro.Solo il caso, dunque, ha fatto “incontrare” i due Mori in Sicilia sul terreno impervio del contrasto alla criminalità organizzata.Oggi, le cronache si occupano spesso del secondo Mori per vicende complesse, e poco chiare, a proposito di “papello”, “trattativa”, nelle quali non desideriamo addentrarci. Saranno le inchieste e i processi a illuminare le verità connesse.Vorrei, soltanto, cogliere quest’omonimia che, certo, è casuale ma molto suggestiva. Soprattutto, per quanti, in forza dell’età o dei ricordi, possono valutare la differenza di ruolo dei due alti funzionari in rapporto al tipo di Stato che li ha comandati. Poiché, più che la personalità dei singoli funzionari conta, in questo caso, il mandato conferito dai governi committenti.
Due Stati due Mori
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