Gli immigrati indiani affluiscono di notte e all'alba per lasciare le loro offerte rituali. Ceneri, gusci di cocco, scodelle di terracotta: finisce tutto in un'area protetta
dal nostro corrispondente FEDERICO RAMPININEW YORK - Il primo segnale furono le noci di cocco. Le avvistò a dozzine, che galleggiavano nella corrente, la guardia forestale John Zuzworsky. Quando fai la guardia forestale a Jamaica Bay sulla punta meridionale di Long Island, sai benissimo che i gusci di cocco lì non sono di casa. Le palme da cocco crescono solo a 1.500 km più a Sud. Così Zuzworsky cominciò i suoi lunghi appostamenti sulla spiaggia. C'è voluta tanta pazienza, solo a notte fonda, o con le prime luci dell'alba, il mistero si sarebbe svelato. Non solo il giallo delle noci di cocco ma anche i lunghi sari variopinti, i tronchi di bambù, le bandiere colorate, le monete esotiche: quel bendiddio che la corrente rigetta sulla spiaggia newyorchese riducendola a un immondezzaio, tutto ha la stessa origine. A Jamaica Bay noi crediamo di essere sulla East Coast americana, dove la Baia di New York si congiunge con l'Atlantico. Per altri quella è Madre Ganga, la dèa protettrice del fiume Gange sacro agli indù. Gli immigrati dall'India, a New York sono un esercito in crescita continua. Erano 206.228 dieci anni fa, con l'ultimo censimento del 2010 sfiorano i trecentomila.
La maggioranza, il 63%, vive nel quartiere di Queens, nei paraggi dell'aeroporto internazionale John Fitgerald Kennedy. Le acque più vicine sono quelle di Jamaica Bay, e per nessuna ragione al mondo un induista praticante può rinunciare ai riti sacri che si svolgono al cospetto di Madre Ganga.
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