Gia' durante la guerra del sei giorni, nel 1973, Israele era in grado di produrre una quantita’ limitata di ordigni nucleari, per compensare il vantaggio arabo in termini di armi convenzionali. Questa volta non si tratta delle affermazioni di qualche fonte anonima ma delle rivelazioni contenute in alcuni file di 1300 pagine del Pentagono, recentemente desecretati, e riportati dallo stesso quotidiano israeliano Haâaretz. Non si tratta di una ‘rivelazione’ vera e propria, sembra infatti una mossa propagandistica destinata a scoraggiare i paesi arabi della regione. Il cosiddetto top secret rivela degli accordi tra gli Stati Uniti e Israele sul programma nucleare di Tel Aviv raggiunti alcuni anni prima. Accordi riguardo ai quali molte voci si sono rincorse, soprattutto dopo le rivelazioni di Mordechai Vanunu, ex tecnico della centrale atomica di Dimona , che nel 1986 svelò al mondo l’esistenza di almeno 200 ordigni nucleari israeliani. Secondo quanto riportato nei documenti il silenzio-assenso degli USA sul programma atomico di Tel Aviv viene sancito nel 1969, a quattro anni di distanza dall’inaugurazione della centrale nucleare israeliana costruita ufficialmente per scopi civili. Tali accordi prevedevano che i dirigenti politici di Israele si sarebbero astenuti da qualsiasi dichiarazione pubblica sugli arsenali nucleari dello Stato ebraico, evitando anche qualsiasi tipo di test atomico e che in cambio gli Stati Uniti avrebbero evitato ingerenze esterne sull’argomento, comprese quelle dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica. Un’intesa che dimostra come le Nazioni Unite non siano altro che una ulteriore arma nelle mani della Casa Bianca e i cui effetti hanno caratterizzato la storia recente del Vicino Oriente.
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