(Dal latino verecundia, collegato a vereor, avere timore e riverenza). Il turbamento derivante dall'avere compiuto un atto lesivo dell'onore e della rispettabilità.
La vergogna come sentimento sociale nasce e si sviluppa nelle culture che danno valore politico al giudizio che la collettività dà delle persone e dei loro comportamenti. E' questo giudizio - di apprezzamento oppure di sanzione, di onore o di disonore - insieme ai valori comuni su cui si fonda, il vero legame che struttura quelle società. Conservare il proprio onore è, in questi contesti, il primo dovere pubblico di ciascuno; e la vergogna è appunto la percezione insopportabile che la propria immagine pubblica è lesionata dalla perdita dell'onore e del rispetto degli altri.
Le culture politiche occidentali moderne - a differenza dal mondo greco arcaico e da quello orientale - tendono a rimuovere la vergogna dal centro della scena politica, e a sostituirla con il rispetto non tanto di valori quanto di leggi positive impersonali. Il giudizio da temere non è, in questi ambiti, quello della comunità, ma quello della magistratura; alla coppia onore/disonore si sostituisce quella di legale/illegale. La maggiore libertà di comportamento dell'individuo va di pari passo con la maggiore formalizzazione della politica, che tende a esaurirsi nel diritto. Per essere buoni cittadini è sufficiente non infrangere la legge.
In realtà, la semplice legalità non è un legame sociale sufficientemente coesivo. Perfino le democrazie moderne, che garantiscono grande libertà individuale, esigono che i comportamenti dei singoli - soprattutto, come afferma la Costituzione (art. 54), di coloro che rivestono cariche politiche - siano non soltanto legali ma anche esercitati con onore. Il che significa che dai politici si esige un'immagine pubblica - informata a valori come il decoro, la dignità, il senso del dovere e del servizio - e che la collettività è eventualmente in grado di sanzionare, con la riprovazione sociale che dovrebbe indurre vergogna, i responsabili di atti disonorevoli.
di Carlo Galli
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