Ma ai giovani non va meglio: la quota dei Neet (che non studiano né lavorano) è al 22,1%, oltre 2,1 milioni. Ed è una condizione "che permane nel tempo". Mentre un terzo dei giovani occupati ha un contratto precario. In aumento i disoccupati anche tra gli stranieridi ROSARIA AMATO
ROMA - Una donna che poco dopo i 50 anni è diventata nonna e divide il suo tempo tra i nipotini, i genitori anziani, il lavoro fuori casa, il lavoro in casa e un figlio trentenne che ha perso un lavoro precario e mal retribuito nel biennio della crisi. Una giovane madre che ha firmato le dimissioni in bianco al momento dell'assunzione e festeggia da disoccupata il primo anno di vita del figlio. Una laureata sottoinquadrata che guadagna pochissimo ma ha dovuto accettare il part-time perché era l'unico modo di lavorare. Un'anziana ultrasessantaquattrenne assorbita dal lavoro domestico al quale dedica 3 ore e 36 minuti in più del suo compagno che invece ha finalmente tempo da dedicare a se stesso negli anni della pensione. E' questo il poco confortante ritratto delle donne italiane che emerge dal Rapporto Annuale dell'Istat 1, presentato stamane a Montecitorio dal presidente Enrico Giovannini. Siamo il Paese con il più basso tasso di occupazione femminile dopo Malta e l'Ungheria. Ma anche quello nel quale le donne sono più "spremute". Sulle loro spalle si appoggia il welfare che non c'è, sostituiscono la mancanza di asili nido e le tante insufficienze dell'assistenza agli anziani. Una situazione che non può durare ancora a lungo: "La catena di solidarietà femminile tra madri e figlie su cui si è fondata la rete di aiuto informale rischia di spezzarsi", avverte l'Istat.
Non se la passa bene neanche l'altro anello debole della catena, i giovani. Sui quali si è scaricato il peso della crisi, di un mercato del lavoro riformato solo a metà, delle imprese che stentano a crescere e che sostituiscono crescita e investimenti con un abbattimento selvaggio del costo del lavoro, a carico esclusivamente dei meno garantiti. E se dalla Spagna arrivano le proteste degli "indignados" 2, da noi continua a crescere il numero dei NEET ("not in education, employment or training": in una parola, giovani nullafacenti), che nel 2010 avevano superato i 2,1 milioni, 134.000 in più rispetto a un anno prima, il 22,1% della fascia di età compresa tra i 15 e i 29 anni (l'anno prima erano il 20,5%). Il 65,5% dei NEET è inattivo, il 34,5% è costituito da disoccupati. L'87,5% degli uomini vive con i genitori, contro il 55,9% delle donne, che invece per il 38,3% sono partner in una coppia con o senza figli. La condizione di NEET, sottolinea l'Istat, "permane nel tempo: oltre la metà resta tale per almeno due anni". Ma stenta anche chi lavora: tra i giovani è sempre più diffusa la condizione di precarietà: la quota di lavoratori con contratti a tempo determinato o collaborazioni ha raggiunto "il 30,8% del totale dei giovani occupati, mantenendosi oltre il milione di unità". La precarietà ha favorito l'espulsione dal mondo del lavoro: nel biennio 2009-2010 si registrano 501 mila occupati in meno nella fascia d'età compresa tra i 15 e i 29 anni.
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