LOS ANGELES Lo slogan di Wikileaks.org recitava "Le vere notizie sono quelle che non vogliono farvi sapere. Il resto è tutta pubblicità". Purtroppo oggi rimane solo "il resto" perchè il sito americano, dove i navigatori facevano pervenire in forma anonima documenti ad alto tasso di segretezza, è stato badito dalla Rete in base alla decisione di un tribunale della California, che ha ordinato al provider Dynadot di impedirne il raggiungimento. Il provvedimento, provvisorio ma già effettivo, è legato al contenzioso per diffamazione aperto da una banca svizzera del gruppo Julius Baer, allarmata da alcuni documenti pubblicati sul sito, che l'accuserebbero di riciclaggio e pratiche illegali. In passato, grazie a Wikileaks, erano già venuti alla luce segreti scottanti da non diffondere, come le oltre 230 minuziosissime pagine che definiscono le regole di comportamento dei prigionieri e dei carcerieri di Guantanamo Bay. La decisione di bloccare i Dns del sito sembra porre fine a questo esperimento libero di rottura del silenzio, attraverso la pubblicazione "wiki" di materiali di denuncia, e di abolizione delle etichette di riservatezza sotto le quali scivolano facilmente miriadi di documenti scomodi che governi (anche quelli "democratici") enti e società preferiscono rendere invisibili agli occhi dei cittadini. Gli internauti però, che amano la trasparenza e non i bavagli, hanno già posto rimedio alla censura: Punto informatico segnala, infatti, che le pagine di Wikileaks non solo sono ancora reperibili, ma continuano la loro azione corrosiva grazie al tam tam dei blogger, che si scambiano l'indirizzo Ip dove trovarle: 88.80.13.160.
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